I Seldon sono un gruppo fiorentino attivo fin dal 2008 che ha preso il nome da Hari Seldon, lo scienziato inventore della psicostoria, una scienza in grado di prevedere il futuro dell’umanità nell’impero galattico descritto nella saga fantascientifica Fondazione di Isaac Asimov. Il gruppo si forma per impulso di Marco Baroncini (voce, tastiere) che dopo una serie di esperienze musicali (Eszterhazy, Avec La Nuit, Cani Poliziotti, Macchina Ossuta) decise di formare un gruppo con altri ex membri dei Macchina Ossuta assoldando Francesco e Cristiano Bottai (il primo alla chitarra e il secondo alla batteria) e il bassista Carlo Sciannameo. Il primo album uscito nel 2013 e intitolato Tutto A Memoria presentava un gruppo innamorato del progressive rock degli anni Settanta e dedito a una visione lucida quanto cupa della società espressa nella formula del concept album e vicina alle atmosfere pessimistiche dei Van Der Graaf Generator. Qualche anno dopo, cambiata l’intera sezione ritmica (Marco Barsanti alla batteria e Carlo Bonamico al basso), la band pubblica il suo secondo album, intitolato Per Quale Sentiero che esce il 14 Dicembre 2018 per la Suburbansky Records.
Il nuovo album riprende il discorso iniziato nel primo LP ma ampliando il discorso strumentale e concettuale e varando uno stile compositivo che mescola prog-rock, jazz e musica classica in maniera quasi orchestrale e divaga fra il romanticismo pittorico dei Camel, le suite totali di Frank Zappa, le improvvisazioni collettive che si distendono in esuberanti fughe jazz-rock e in fantasie musicali che si reinventano di continuo alimentando ogni “numero” con i detriti dei precedenti. Indifferenti al passare degli anni, la musica dei Seldon ricrea di fatto le ambientazioni e le soluzioni intricate del prog italiano che fu (il loro ovvio modello è il Banco Del Mutuo Soccorso)unendole alle trame pseudo-futuristiche dei King Crimson e dei primi lavori solistici di Peter Gabriel. Sorrette da una tecnica strumentale ineccepibile, le tracce mediamente lunghe (sei brani su sette superano i 6 minuti) parlano di viaggi intergalattici come metafora del viaggio alla ricerca di sé stessi e all’interno della dicotomia corpo-anima (un tipico milieu delle suite parasinfoniche del progressive europeo anni Settanta). Il punto di forza del disco sta nell’equilibrio fra la componente sperimentale (cosmico-psichedelica, jazz rock e ambientale-minimalista), quella del rock’n’roll (qui declinata nella forma più hard-rock) e quella del pop italiano dei primi anni Ottanta come nell’iniziale e programmatica Cronache Della Galassia e nella finale Deserto Dell’Anima che può vantare altresì un’eccellente struttura drammatica tutta giocata fra le evoluzioni titaniche di chitarra e organo e le propulsioni ritmiche più decisamente pop. L’adesione alla classica forma del prog-rock più fiabesco e avventuroso è affidata ai brani centrali della scaletta, al sound denso e altisonante di Viaggio Nell’Ignoto e Corpo E Anima che vanta peraltro una tensione sotterranea degna dell’enfasi monumentale e incalzante degli Yes e dei Magma (ma con i cambi di tempo frenetici del primo Zappa). Quando abbandonano i toni da grandeur, i Seldon danno vita a una fusion languida da cocktail lounge essenzialmente condotta da delicati tocchi di piano e interrotta da vibranti scudisciate di chitarra e moog (La Vita Delle Ombre, la title-track): qui l’obiettivo è di riscoprire la flessibilità (e la ricchezza) insita nel linguaggio musicale che la commercializzazione spinta dell’era capitalista ha abbandonato a favore di una forma musicale più rigida e definita (e quindi più commerciabile). Solo la breve Solaria (3 minuti e mezzo) che fonde melodie pop, riff heavy metal e velleità prog sembra pensata per essere sdoganata per un pubblico più ampio. I Seldon sono un gruppo raffinato e questa prova con brani medio-lunghi dal sapore vintage ma che non annoiano mai ne è la conferma. La voce di Baroncini è sugli scudi ma la perizia tecnica di tutti non lascia dubbi o perplessità di alcun genere.
di Alfredo Cristallo