Oggi su Facebook mi hanno invitato a quest’evento:
“Pisa città viva: appello per un’assemblea sulla cultura bene comune
La cultura e il sapere sono diventati negli ultimi anni delle tematiche centrali all’interno della città di Pisa. Non solo perché la città si compenetra e sovrappone a quella che è l’università sia dal p…unto di vista sociale che economico, ma anche perché l’ultima amministrazione comunale ha deciso di porla come leit motiv per giustificare tutte le politiche che adotta.
Il sindaco Filippeschi e la sua giunta di maggioranza hanno ben esposto il loro progetto di città: il grande investimento materiale e mediatico sul PIUSS, vogliono dare un volto essenzialmente turistico alla città, di attraversamento fugace e commerciale. La proposta dei Lungarni museali, il percorso ristrutturato dalla stazione a piazza dei Cavalieri passando per Corso Italia, la riqualificazione degli spazi storici, mettono a servizio la cultura del turismo compenetrandola alla attività commerciale del centro. Cosa significa questo ruolo della cultura piegata al mercato? E’ l’unico modo possibile per concepire la cultura? Ma soprattutto, che effetto ha sulle vite di coloro che vivono e attraversano la città?
Da una parte vediamo la sempre più forte diffusione del securitarismo, mantenuto dalle ordinanze anti-movida e contro i migranti che hanno chiuso degli spazi, dei luoghi di incontro tra le diversità. La retorica della salvaguardia della quiete notturna e quella della sicurezza hanno dato come conseguenza i presidi fissi delle forze dell’ordine totalmente strumentali affinché le piazze e gli spazi di socialità diventassero una “vetrina” turistica e ben controllata, non permettendo alle persone di far vivere realmente quei luoghi e di stringere relazioni virtuose alla città stessa. Il “Patto Pisa Sicura” con i presidi, le telecamere, le ronde ha il solo ruolo di rendere inaccessibile alcune zone della città che non hanno assolutamente problemi di sicurezza, costringendo la socialità in paletti ben determinati, oppure creando un immaginario e un clima cittadino teso che porta ad azioni repressive e violente da parte delle forze dell’ordine. Non è molto tempo fa che l’asse Renzi – Filippeschi ha sancito un’altra dichiarazione di guerra alla vita notturna, proponendo un’unione tra le Prefetture per controllare i flussi giovanili.
Dall’altra parte la cultura proposta dal Comune sembra essere un modello unico commerciale che non dà spazio a chi vive la città di innovarla, di trasformarla e di metterla a servizio dei bisogni e dei desideri dei suoi cittadini. L’apertura dei nuovi centri culturali o degli spazi pubblici come la Cittadella e il Giardino Scotto non permetteranno facilmente aggregazione sociale e produzione culturale, impedendo ai singoli e alle associazioni di poter usufruire degli spazi, ma saranno impegnati come luoghi turistici o da concedere ai grandi eventi dei privati. Le possibilità fisiche di fare cultura indipendente e di trasformarla continuamente sono ostacolate dai bandi impossibili come per la Stazione Leopolda, dalle centinaia di palazzi, appartamenti, teatri, piazze vuoti e dismessi dall’ormai agonizzante sistema pubblico.
Invece di pensare la cultura e il sapere come un pretesto per riorganizzare e limitare la città, per ridurre la sua accessibilità e il suo welfare cittadino in totale armonia con il periodo di crisi, è necessario ripartire e mettere in comune le forze di tutt* coloro che producono cultura, che la vivono e la qualificano a partire dalla socialità e dalla loro indipendenza; è necessario ripartire da coloro che rendono viva la città proprio grazie alla cooperazione e alle relazioni che stringono, a quei tant* e divers* che si incontrano e producono cultura: la città non avrebbe nessun senso turistico, quindi di profitto per i privati, se non ci fosse chi la anima e continua a innovarla. Ripartendo da questa consapevolezza, dobbiamo ripensare alla città e alla cultura come bene comune, come un qualcosa che vive sulle nostre spalle e si moltiplica a partire da noi. Se la cultura e la città sono dei beni comuni, dobbiamo iniziare a poter decidere sulle loro forme, su dove incanalare le risorse economiche, su cosa ristrutturare e su come vivere le piazze. Solo in questo sarà possibile avere un pieno diritto alla città, una città inclusiva dove è possibile fare cultura proprio a partire dalla sue contraddizioni. Rivendicare cultura oggi a Pisa significa poter riappropriarsi della democrazia dei cittadini e creare un altro tipo di città all’insegna dei nostri bisogni e dei desideri.
Per questo invitiamo tutt* i singoli, le associazioni, le forze politiche, i centri sociali, i collettivi e i comitati cittadini a partecipare da un’assemblea pubblica in Piazza dei Cavalieri – luogo simbolo delle contraddizioni delle politiche cittadine – giovedì 26 aprile. Facendo rete, mettendo in comune le esperienze e i portati culturali, possiamo iniziare a mappare la città e a capire dove è possibile riprenderci e sviluppare continuamente la cultura.
giovedì 26 aprile 2012 ore 18.00
Evento creato da Tijuana Pisa.”
Evento interessante. Lo scambiarsi opinioni è interessante.
Evento approvato da Amleth Malcolm! 🙂