“Serata di Musica Celtica al Festival Lunatica di Cascina.”
Con questa dicitura, da un evento di Facebook, mi ha fatto l’occhiolino questo invito.
Da appassionata di musiche tradizionali popolari e, per ragioni personali interessata a tutto ciò che spazia nel celtico, giovedi 13 settembre, insieme ad un amico, decidiamo quindi di raggiungere Cascina sapendo che avremmo trovato lo spettacolo già iniziato.
Nella centrale Piazza dei Caduti per la Libertà troviamo un gruppo composto di quattro elementi (di cui il cantante è polistrumentista) che fa ballare una ventina di persone.
Guardo bene, sono tutti impacciati ma il focus non sta in questo, quanto nel fatto che sono tutti molto molto giovani, sulla media dei vent’anni. Questo mi riempie di soddisfazione perché la musica popolare tradizionale, folk nello specifico, per troppo tempo è stata relegata alle balere di vecchi nostalgici patriottici. Questa riscoperta della tradizione, una rivisitazione in chiave moderna delle ataviche melodie radicate negli usi e nei costumi e il senso di valorizzazione della decrescita che comporta, per il mio modo di vedere è una eccellente conquista.
Inglobare nel termine “celtico” purtroppo oggi è troppo semplicistico. Si rischia di cadere nella banalizzazione o nella strumentalizzazione o -peggio- nella mistificazione di tutto quel bagaglio culturale che il termine porta con sé. Dove appare ogni tanto una cornamusa non necessariamente c’è “celtico”.
E questa musica non era propriamente
celtica, anche se ovviamente da essa traeva ispirazione.
Passa però secondo piano il fatto che la musica proposta non fosse celtica perché emerge il risultato ottenuto: coerenti cioè a ciò che REALMENTE il gruppo si prefiggeva di proporre, ovvero musica “ceilidh” e quindi scozzese da ballo, il gruppo ha animato la serata con musiche e balli, proponendosi anche di insegnarli sul momento e da far passare attraverso la musica anche sensazioni e sfumature tipiche delle terre d’Irlanda e di Scozia.
Un tizio vicino a me ha finalmente capito la differenza tra zampogna e cornamusa e, da purista quale sono, ho alzato gli occhi al cielo ringraziando per questo piccolo passo culturale conquistato dall’umanità.
Il pubblico, non troppo nutrito a dire il vero (ma non conosco gli standard cascinesi per questo genere di eventi particolari e tutto sommato anche un po’ di “nicchia”) ha trascorso una piacevole serata malgrado il venticello freddo lambisse le vesti leggere. Ancor di più di si è divertito chi si è messo in gioco danzando, mettendosi in discussione e alla prova in balli che sono lontani da quelli propri della nostra cultura.
Coraggiosa e al contempo lodevole a mio avviso, l’idea di fare un cartellone inserendo un’iniziativa a suo modo “alternativa” come questa, con l’augurio e la speranza che in futuro siano di più e di maggior afflusso.
Vi saluto quindi con… Dia dhuit!