Riprende la pubbblicazione della raccolta comprendente 25 stupende poesie composte da Giuseppe Feola, poeta, storico, scrittore, filosofo… Questa poesia parla proprio dell’inizio della primavera e quale miglior occasione per ri-pubblicarla? buon 21 Marzo a tutti!
due parole su “il gioco dell’infante”, dette dall’autore
La poesiola che vi presento è la sedicesima di una raccolta che iniziò come
un gioco, come uno scacciapensieri, in un momento di pausa dagli impegni
lavorativi regalatomi dai postumi di un’operazione chirurgica. Un giorno,
nella primavera del 2011, volendo scrivere un sms a una mia amica, mi
accorsi che l’incipit del mio messaggio formava quello che, nel gergo della
poesia italiana, si chiama un “endecasillabo”: un verso di un particolare tipo.
Era il primo endecasillabo esteticamente passabile che scrivevo da ben 12
anni. Avevo smesso di scrivere poesie nel febbraio del 1999. Non ero mai
più riuscito a riprendere.
Mi misi con calma a capire se da quel verso isolato potesse nascere un
vero e proprio componimento. Ci riuscii.
Tra la primavera e l’autunno del 2011, insistendo sulla disposizione
mentale che aveva prodotto Il gioco dell’infante (I), scrissi altre 24 poesie.
Decisi di dare alla raccolta lo stesso titolo della poesiola da cui era nata, e
dalla quale aveva ereditato lo spirito: giocare con le parole come il bambino
gioca con le costruzioni.
Come nel gioco delle costruzioni, anche in poesia ci sono regole
da rispettare, dettate dalla forma dei pezzi, che sono le parole, e dalla
necessità di costruire edifici che stiano in piedi (le costrizioni della gravità
equivalgono, nella poesia, alle leggi del ritmo) e abbiano un senso.
E visto che, per me, giocare questo gioco era un po’ reimparare a parlare,
il titolo “il gioco dell’infante” mi parve appropriato: “infante”, dal latino
“in-fans”, che significa “colui che non sa (ancora) parlare”.
Ringrazio i responsabili di micsugliando per avermi proposto di
pubblicare le mie poesie sul loro sito.
Spero che questa collaborazione possa continuare.
La prima edizione (ottobre 2011) fu a cura di Matteo Veronesi, sul sito
La nuova provincia; la seconda (novembre 2011), sotto forma di e-book, fu
a cura di Francesco Marotta, per la serie de I quaderni di Rebstein.
La terza (2012), in formato cartaceo, per la Lu::Ce edizioni di Massa
(MC), che ringrazio per avermi permesso di ripubblicare alcune delle poesie
per micsugliando.
Giuseppe Feola
—————————————————————————————–
Marzo / Le Vie delle Acque Profonde
The Wind-ow / Giorno d’Equinozio / Con il Tempo
Nuvole imboscano nuvole, pioggia
su pioggia che ricade.
Stasera sarà fosca
la faccia della Luna
− se breve apparirà; l’occhio del vento
ne perderà la traccia
sopra il groviglio delle mute strade.
Tra le radici
della città sommersa,
lì dove il Tempo giace alla sua cuna,
s’allunga il giorno, come un fil di luce tra
le dita delle brune tessitrici
che brancolando cercano la cruna.
Sospesi in cielo al ciglio delle nubi, tra i
lenti sentieri in cui gravita il tuono,
salgono i gabbiani
e scendono a spirale scale nere
di vento, angeli grigi
guardiani, o messaggeri
di un Re nascosto, o forse prigioniero
in una torre azzurra, nel profondo
altissimo del pozzo rovesciato in
cui il piombo si dirada in bianco argento.
Nel labirinto d’ali annunciatrici
della festa di spade e d’elementi
cui il Reggente dell’Aria,
con un cenno, impaziente di
quest’attimo che arresta
lo sfogo dello spirito che evade
dalla stretta del gelo,
allenterà la briglia ormai a momenti,
qualcosa attende
e ancora non accade: sotto il telo
fitto e lento, color dello smeriglio,
che cade dalle nubi
trapuntato degli aghi di quei lampi,
prende forma la scena d’un Evento.
L’ora veloce
veleggia sul diluvio,
dove ogni foglia
è un piccolo naviglio.
Gonfiando il loro pelo,
sotto ogni goccia
salgono le acque.
Dai piccoli
ruscelli, rade piante ancora corte
emergono
di sulla terra spoglia.
Sopra ogni aspetto del
mondo fugace,
tutta la piana
è un infinito velo.
Velo sottile
è il volo della nottola;
spalancata alla sera
è la sua vista,
così come il suo udito,
sensibile anche solo al
vibrare d’uno stelo:
la figlia del crepuscolo,
inudibile, all’aria bruna allunga le
sue dita;
dal Sole per
qualche ora seppellito,
solo il suo grido ha ereditato il cielo.
Ïo sto lì,
seduto ancora nella sera, sopra
quella stessa poltrona azzurro-cenere,
da cui s’apre alla vista la distanza
di cose transeunti e trapassate in
questo giorno che finisce, che scorrono
di là dal ferro della zanzariera:
di là dalla finestra spalancata
alla voglia di mare nella notte
del fiume che s’avanza;
oltre la soglia
‒ che poi fu valicata ‒
d’una stanza che più non m’appartiene,
nera e fissa nel vuoto del ricordo;
oltre la ruggine che l’acqua sporca
d’una teiera scrisse, nel suo scorrere
− pieno di foglie e schiume −
giù per l’imbuto, o vite, d’un lavello
rosso come la rena;
così simile a come
si dissipa
la mia sete di vivere,
o a come defluisce
la forza della vita nel normale
mulinello, o dal taglio
accidentale, d’una
vena.
La raccolta completa è disponibile in formato cartaceo, edita dalla Lu::Ce edizioni: per informazioni, cfr. http://www.luce-edizioni.it/libri/poesia/linfante .