Le due di notte. In autostrada, sulla via del ritorno, stanco ma sveglio. Gli abbaglianti illuminano l’asfalto
bagnato di pioggia. La luce riflette sulle cose ai lati della strada che sembrano venire incontro al mio
procedere, per poi sparire dietro di me. Sto…nnff – stonnff – stonnff – stonnff…
Il rumore sordo dei tergicristalli cadenza il ritmo lento e rilassato dei miei pensieri. Stonnff – stonnff –
stonnff – stonnff…
Dannata pioggia, mi ha accompagnato per tutto il viaggio di andata ed ora pare volermi assillare fino a
casa. Stonnff – stonnf – stonnff – stonnf. Casa? Mi sembra eccessivo chiamarla così … fra un paio d’ore sarò
arrivato a Roma, una bella doccia, una visitina al frigo (comincio ad aver fame), una dormitina e poi avrei
lasciato per sempre quella dimora alla quale per altro non sono affatto legato. Più che casa la definirei una
abitazione. Stonnff – stonnff – stonnff – stonnff…
Del resto io non mi affeziono né alle cose né alle persone. Una volta avevo un gatto, indifferente al mondo
come il suo padrone. In effetti mi assomigliava nel carattere ed andavamo d’accordo senza darci fastidio.
Gli davo solo da mangiare. Quando stavo fuori per lavoro gli lasciavo socchiusa la finestra del terrazzino, e
lui andava chissà dove a procurarsi il cibo, ma tornava sempre, per anni. Un bel giorno ha smesso di farsi
vivo, pobabilmente è morto, pace all’anima sua. Oppure ha trovato chi lo faceva mangiare meglio. No,
nemmeno io ho alcun legame, nemmeno con la casa in cui vivo, là mi attende solo un biglietto aereo per il
volo Roma-Manila di domani alle 12. Stonnff – stonnff – stonnff – stonnff.
E dai con la pioggia! SSSSSPLASHHH! le ruote di sinistra hanno preso in pieno una pozza spruzzando l’acqua
contro il guard rail. Maledetta società autostrade, quì non c’è nemmeno l’asfalto drenante, ed ogni tanto
prendo in pieno un lago. Stonnff – stonnf – stonnff – stonnff….
Traffico modesto, qualche mezzo pesante che procede lento, niente più.. stonnff – stonnf – stonnff –
stonnff…
Ogni volta che supero un autotreno il parabrezza si appanna per la nebbiolina d’acqua sollevata dalle ruote
del camion, allora, attraverso il vetro bagnato, le rosse luci di posizione di chi mi precede si moltiplicano e
diventano stelline riunite in gruppi, per un attimo non vedo quasi nulla. Stonnff – stonnf – stonnff – stonnff…
Sono rilassato, impassibile, imperturbato. Nessuno potebbe pensare che solo sei ore fa, a Ginevra, ho
freddato con 4 colpi di automatica quello stronzo dello svizzero (non posso fare il nome). Stonnff – stonnf –
stonnff – stonnff….
Io sono un po’ come il tergicristallo: mi muovo in modo metodico, lento, ripetitivo e preciso. Passo
inosservato e dopo poco non ti accorgi neppure che esisto. Stonnff – stonnf – stonnff – stonnff…
Andiamo per gradi. Non sono esattamente quello che si dice un cittadino modello, ma neppure un
criminale. Mi occupo di spionaggio industriale su commissione, furto e contrabbando di formule,
procedimenti produttivi, piccoli meccanismi, progetti, schemi, materiali innovativi per l’industria. Merce
piccola, leggera all’apparenza innocua e che alla dogana non suscita curiosità, ma che deve avere un
maledetto valore per le multinazionali. Un settore “pulito” molto più remunerativo e meno pericoloso della
droga.
Stonnff – stonnf – stonnff – stonnff… procedo tranquillo, sotto i 130 orari, anche questo fa parte della mia
strategia per non farmi notare. Beh, ora però ho dovuto superare a destra un cretino che procedeva a
90km/h sulla corsia di sorpasso. Stonnff – stonnf – stonnff – stonnff.
Dicevamo del mio lavoro: di solito si tratta semplicemente di corrompere un dirigente o un funzionario
per avere la “merce”. Nessun problema a reperire il denaro per le mazzette, me lo procurava lo svizzero.
Un lavorino pulito insomma. Non di rado è capitato che sia stato necessario qualche furto con scasso,
ma in tal caso io mi tiravo indietro e facevo intervenire il mio amico. Ahmed, un marocchino incensurato,
persona per bene precisa ed efficiente, è molto più abile di me in queso genere di cose, e poi io non voglio
commettere reati. Di solito si trattava al massimo di forzare un paio di serrature o di aprire una cassaforte.
Raramente, quando Ahmed non ha potuto farene a meno, è dovuto ricorrere alle maniere forti, anche
sopprimendo l’incorruttibile o il corrotto pericoloso dalla lingua lunga. Ma son casi sporadici, situazioni che
non ho mai voluto sapere. Continua a piovere, stonnff – stonnf – stonnff – stonnff porca miseria!
Il mio datore di lavoro Ginevrino, quello che stamattina si beccato quattro polpettine calibro 9, è, o
per meglio dire era, la mente organizzativa, il rispettabile finanziere svizzero in blazer blu. Consigliere
d’amministrazione di tre o quattro banche e due finanziarie era la persona “giusta” per questi affari. Lui
aveva i contatti “altolocati” e riceveva gli ordini dalle multinazionali, procurava il denaro per le spese e
per le mazzette. A tutto il resto pensavo io mi informavo su dove e come si trovasse l’oggetto del nostro
desiderio, chi la detenesse e quale fosse il modo migliore per venirne in possesso. Spesso scoprivo che
uno fra quelli che avevano contatti con la cosa da trafugare aveva un punto debole. C’era chi era avido di
denaro, chi scommetteva ai cavalli chi aveva un’amante ed una moglie poco comprensibile, chi un pacco
di cambiali in scadenza o magari la moglie che batteva il marciapiede. Lavorando sul punto debole, fra
ricatto ed offerta di denaro, ottenevo quasi sempre quello che volevo. Se necessario, delegavo Ahmed che
spesso veniva con me, per il lavoro “sporco”. Qualche volta io mi occupavo anche di incassare, brevi manu,
il compenso che immediatamente recapitavo allo svizzero. Il più delle volte però, specie quando le somme
erano ingenti, il denaro transitava in modo invisibile attraverso la discreta ed efficiente rete bancaria della
verde Svizzera.
Ma ora è tutto finito, domani sera sarò a Manila ed inizierò una nuova vita, diciamo che vado in pensione…
I tergicristalli (Stonnff – stonnf – stonnff – stonnff) continuano a scandire i pensieri che proiettano il film
della mia vita grigia e banale, tutta dedicata al lavoro. Non ho famiglia, né una compagna stabile. Il mio
lavoro non mi avrebbe consentito di coinvolgere altre persone. Ne ho fatto a meno, a malincuore ma ne ho
fatto a meno. Rapporti sessuali? Ovviamente sì anche se non frequentissimi. Per lo più incontri occasionali.
Nei periodi di ferie e comunque lontano dal lavoro, durata massima una settimana. Qualche volta perfino
rapporti pseudo-mercenari, entreneuse o ballerine di night purché merce di classe. Molto tempo libero
fra un incarico e l’altro, passeggiate, cinema, libri, sport attivo e passivo. Quasi sempre da solo. I soldi non
mi mancavano mai, il lavoro rendeva, certo nulla di lontanamente paragonabile alle enormi cifre che si
metteva in tasca lo svizzero, ma non potevo lamentarmi. Difficilmente ricordo di aver incassato meno di
100-150.000 euro all’anno. Del resto, se ne avessi avuto bisogno non avrei dovuto far altro che chiedere al
Ginevrino, lui a me teneva molto perché molto lo facevo guadagnare, eccome. Gli svizzeri, si sa, conoscono
bene il valore del denaro.
Stonnff – stonnf – stonnff – stonnff.
Io non ce l’ho affatto con l’elvetico, è una brava persona, mi ha sempre rispettato e fatto guadagnare bene,
certo, la sua cultura calvinista si è sempre fatta una ragione dell’essersi trattenuto oltre il 99% degli utili,
ma non è questo che mi disturba, gli affari sono affari. Del resto io sono bravo, molto bravo nel mio lavoro,
ma non indispensabile. Con parecchie difficoltà ma sarei stato sostituibile. Magari con uno meno bravo,
magari con uno meno fidato, magari con uno meno educato di me, magari con uno che non sa le lingue
e non sa stare al mondo, ma sarei stato comunque sostituibile. L’anima del commercio era lui. Lui era
introdotto nella alta finanza, lui combinava gli affari. Nemmeno troppo di nascosto. Alla prima a teatro o
alla cena di gala lo avvicinava il top manager o il banchiere di turno per esternargli il grande interesse che
la sua azienda, finanziaria o banca avesse per una determinata formula, un determinato dispositivo o che
so io. Il mio capo rispondeva sempre che forse, chissà, la cosa si poteva anche fare. Uno scambio di numeri
di telefono e, dopo qualche giorno necessario per verificare la fattibilità, un nuovo incontro per definire
i “costi” dell’operazione. Tutto sulla parola, i soldi ad operazione conclusa, fra gentiluomini ci si capisce e ci
si fida. Non è affatto escluso, anzi è probabile, che qualcuno dei suoi clienti sia successivamente diventato
sua vittima, ma son cose che si capiscono, e neppure la vittima si sarebbe scandalizzata. Chi fa parte di quei
giri è tutta gente che in società si ama e si rispetta, ma quando c’è l’interesse coltello fra i denti, almeno
fino al prossimo aperitivo preso assieme domandando come sta la famiglia. Gli affari sono affari, hai visto
mai che, a quel livello, uno possa respingere un cliente? Sarebbe perfino antipatico. Stonff-stonff-stonffstonff…
Io non avevo nessun rancore con lo svizzero, né mi dava fastidio il fatto che lui fosse ricco ed io no. Quello
che non sopportavo, o meglio non sopportavo più, era la mia vita anonima in confronto alla sua brillante.
Il mio non-essere per il mondo ed il suo essere una persona rispettabile, con una famiglia, dei figli, una
posizione invidiabile, la tessera al circolo del golf, le cene di gala ed il teatro. Io, invece cominciavo ad
invecchiare, tra poco avrei dovuto cessare il lavoro. Avevo un discreto gruzzoletto in banca è vero, ma
senza reddito (le magre casse dell’INPS non prevedono un pensione per quelli come me) mi sarei presto
ritrovato solo e senza un soldo, per di più in un mondo che non sa nemmeno che esisto.
Così avevo cominciato a pensare già da un paio d’anni. E mi ero preparato per tempo la soluzione. Intanto
avevo a Roma un passaporto falso, con la mia foto, intestato ad un giramondo messicano deceduto in
Italia qualche anno fa per malattia. Per essere sicuro avevo anche provveduto a rinnovare il passaporto a
scadenza, presso l’ambasciata messicana a Roma. Ora il nuovo documento era in tutto e per tutto autentico
anche se riportava la mia foto. Domani con quel passaporto sarei espatriato alla volta di Manila.
Stonnff – stonnf – stonnff – stonnff… il tergicristallo andava aventi imperterrito del suo passo ed io avanzavo
nel viaggio così come tra i ricordi. Quel che mi dava fastidio non era il tenore di vita, era la monotonia della
mia vita. Da giovane mi piaceva, in un certo senso l’avevo scelta io, non mi dispiaceva essere impermeabile
alle relazioni ed invisibile agli sguardi altrui. Neanche da bambino ero troppo socievole, nulla di patologico
intendiamoci. Sono orfano, non ho mai conosciuto la mia famiglia. Cresciuto, per fortuna, in un istituto
di quelli che non fanno mancare assolutamente niente ai bambini, sono sempre stato bene, certo, senza
entusiasmo. Qualche amico lo avevo, ma nulla di profondo. Dopo aver studiato molto bene ed aver
imparato 4 lingue a 18 anni mi dettero un po’ di moneta e mi trovarono subito un buon lavoro ed una
abitazione. Dopo dieci giorni mi licenziai e me ne andai all’estero. Da allora mi sono sempre arrangiato per
vivere discretamente ma senza fare male a nessuno. Non ho più visto né l’istituto né i compagni.
Il resto della mia vita non è molto interessante, circa venti anni fa ho conosciuto lo svizzero al quale ho
fatto subito buona impressione ed ho cominciato a lavorare per lui. Fino ad oggi.
Ritorniamo sull’autostrada: la pioggia insiste imperterrita, né più forte né men forte di prima. Il tergi
continua ad andare di qua e di là. Stonnff – stonnf – stonnff – stonnff.
Ieri son partito per Milano col treno e stamattina alla stazione mi sono incontrato con Ahmed, che già era al
corrente di quello che stavamo per fare, poi siamo andati alla Malpensa con ‘auto che lui aveva preso a
noleggio. Il mio amico Ahmed mi assomiglia fisicamente. Abbiamo pressappoco la stessa età, e la stessa
statura. Io sono di capello nero ricciuto e carnagione scura. Siamo entrambi anonimi ed intercambiabili. Ho
fatto per tempo il chek in per Marrakesh con il mio passaporto. Ahmed lo ha fatto per un volo con
destinazione Francoforte. Entrambi abbiamo passato, in tempi diversi, il controllo di polizia. Ciascuno con il
proprio passaporto, e con il proprio biglietto per Marrakesh io e per Parigi lui. Quelli della polizia di
frontiera non scherzano, controllano il documento con attenzione e la corrispondenza della foto con le
sembianze di chi lo presenta, ma ovviamente era tutto ok perché passaporti e foto erano vere. In area duty
free, ho scambiato le foto dei due passaporti ed ho consegnato ad Ahmed il mio passaporto con la foto sua.
Ho consegnato al mio amico il mio telefonino ed i 50.000 euro pattuiti per il suo servizio. Ci siamo salutati
ed abbracciati ed ho atteso che si imbarcasse, dopo che le hostess, ritirata la carta di imbarco con il mio
nome e data un’occhiata di sfuggita al passaporto con la foto mia, hanno fatto passare Ahmed.
Ufficialmente io Mario Rossi (consentitemi di usare uno pseudonimo) era in volo per Marrakesh con il
proprio telefonino così anche per un eventuale controllo dei miei spostamenti sulla rete mobile risulterà
che Mario Rossi è stato a Milano, ha preso l’aereo alla Malpensa e ne è disceso a Marrakesh. Alibi perfetto
per quello che sarebbe successo a Ginevra un paio d’ore dopo, ammesso che qualcuno potesse mettere in
relazione me e lo svizzero, o meglio la sua morte, tutto era avvenuto proprio mentre Mario Rossi era in
volo. Probabilmente anche Ahmed, dopo aver riacceso il mio telefono a Marrakesh e dopo averlo gettato in
un tombino un paio di giorni dopo, si ritirerà dal lavoro, godendosi in patria i suoi risparmi ed i 50.000 che
gli ho consegnato oggi. Del resto anche per lui, con quello che ha fatto per me e soprattutto quelle che ha
combinato per conto suo, l’aria italiana cominciava a farsi pesante. Comunque sia sono affari suoi. Io sono
rientrato in area nazionale dell’aeroporto dicendo alla frontiera che avevo lasciato il biglietto aereo in auto
e mostrando la mia regolare carta di identità e la carta di imbarco per Parigi, ovviamente nessuno mi ha
fatto problemi. Di questo mio andirivieni alla frontiera non resta traccia. Uscito dall’aeroporto ho preso
l’auto a noleggio che Ahmed aveva ritirato per me e mi sono diretto verso Ginevra, nella bauliera la ruota di
scorta riempita con i 600.000 euro che dovevo consegnare allo svizzero. Alla frontiera Svizzera hanno
appena dato un’occhiata alla mia carta di identità e son passato senza problemi.
Lo svizzero mi attendeva puntuale nel suo ufficetto segreto nella periferia di Ginevra, là dove ci eravamo già
incontrati un’infinità di volte, 6 o 7 l’anno, da vent’anni almeno. Un paio di convenevoli e subito gli ho
consegnato la borsa con i seicentomila tolti dalla ruota di scorta. Il Ginevrino si fida(va) ciecamente di me,
altrimenti non mi avrebbe lasciato in mano i seicentomila… Come sempre ha aperto la cassaforte per
depositare il malloppo… ma non ha fatto in tempo a richiuderla. Gli ho esploso alle spalle quattro colpi in
rapida sequenza, di cui due alla nuca. E’ caduto a terra con il volto sereno, non ha nemmeno fatto in tempo
ad atteggiare un’espressione stupita. Non mi rimaneva che arraffare i miei seicentomila e tutto quello che
c’era in contanti in cassaforte, ad occhio un altro milioncino (li ho contati solo mezz’ora dopo alla Katai
Trust Bank di Ginevra presso la quale sono correntista dal 1998). Perché qualcuno si accorgesse di quel
cadavere in quell’ufficio sconosciuto e sperduto sarebbero passate diverse ore, ho avuto tutto il tempo per
voltarmi e dare un ultimo saluto al boss, scusandomi per l’inconveniente. In fondo era la persona con la
quale in tutta la mia vita avevo avuto più rapporti, sotto sotto gli volevo bene. Son certo che anche lo
svizzero avrebbe compreso, la mia non era cattiveria, gli affari sono affari. Mi sono girato ed ho chiuso bene
la porta. Poi con l’auto sono andato in banca ed ho consegnato il malloppo al funzionario, che mi conosce
dal 1998, ma che comunque è abituato a non fare troppe domande. Ho versato il tutto sul conto del quale
ero già titolare e sul quale erano già depositati i miei risparmi, il saldo ammonta ora ad 1 milione e 945mila
euro, non c’è male. Ho stipulato una garanzia bancaria per la copertura piena del mio intero credito (anche
le banche svizzere falliscono) rilasciata in solido da tre primari istituti elvetici ed una polizza assicurativa
sull’eventuale svalutazione del Franco Svizzero rispetto allo ..lbvj… Filippino (potete ben pensare che il
premio sia risultato decisamente basso, ma me piace stare sicuro). Tutti i mesi mi invieranno sulla mia
banca a Manila 8000 euro oltre a quello che di volta in volta chiederò. Le Filippine sono una bellissima
nazione, c’è il mare, l’acqua azzurra, le siagge bianchissime, un popolo educato e poca criminalità. Il costo
della vita è molto basso e con 8.000 euro potrò godermi il resto della mia vita da normale persona
benestante, ricca direi. Potrei farmi degli amici ed andare a giocare a golf. Chissà, potrei pure metter su una
piccola attività e farmi perfino una famiglia.
Ecco, questo è tutto. Così sapete anche voi per quale motivo io mi ritrovi, alle due di notte, con questa
dannata pioggia e su questa maledetta autostrada, a guidare verso Roma sotto la pioggia e col tergicristallo
che comincia ad infastidirmi Stonff-stonff-stonff-stonff.
Probabilmente quello che vi ho raccontato costituisce il discorso più lungo che io abbia mai fatto in tutta la
mia vita. Mi si è seccata la gola. Meno male che sotto il cruscotto ho una lattina di birra fresca. Mi allungo
per afferrarla. E’ un attimo, tengo il volante solo con la sinistra ed ho distolto lo sguardo dalla strada. L’auto
entra nel peggior lago della peggiore autostrada nella peggiore notte piovosa della mia vita. Acquaplaning,
l’auto perde l’aderenza con l’asfalto e sbanda. Se avessi tenuto il volante con due mani e gli occhi sulla
strada sarebbe stato un gioco da ragazzi, me la sarei cavata con po’ di spavento. Ma non fu così, con l’unica
mano sul volante e lo sguardo rivolto alla lattina la mia reazione è controproducente ed eccessiva. L’auto
si intraversa, urta contro il guard rail, si capovolge e lo salta finendo addosso ad uno Scania che procedeva
in senso inverso e continua a procedere per un centinaio di metri trascinando e contorcendo le lamiere
dell’auto che stridono sull’asfalto in una esplosione di scintille. La benzina si incendia ed in un attimo la
scena diventa infernale ma io non sono più in grado di descriverla.
Quel che segue è tratto da un articolo di cronaca locale. <<Un’ora dopo l’incidente i Vigili del fuoco hanno domato le fiamme, ed hanno estratto dal relitto un corpo carbonizzato. La stradale ha riaperto una corsia dell’autostrada. Targa e numero di telaio sono andati distrutti nell’urto e nell’incendio. Secondo l’agente della stradale che ha rinvenuto anche un pezzo di passaporto del Marocco bruciacchiato ed illeggibile, sarà difficile risalire alla vera identità del conducente perché quando succedono queste cose è raro che dal Marocco vengano a cercare una persona che non si è più fatta viva, lo scomparso non sarà mai collegato con questo incidente. “Povero diavolo” ha detto l’agente, “rimarrà sepolto in qualche cimitero sperduto identificato solo da un numero, chissà magari aveva un sacco di parenti, figli ed amici che lo aspettavano. Non sapranno più nulla di lui, come se non fosse mai esistito. Se né andato senza che il mondo si accorgesse di nulla”>>.
Il sole è sorto, la pioggia cessata, sarà una bella giornata. L’agente della polstrada dice al collega “vai a
staccare quel maledetto tergicristallo, è l’unica cosa rimasta viva in quel groviglio di cenere e lamiere, sono
due ore che rompe i coglioni: stonff-stonff-stonff-stonff, e dagli un calcio”.
Alessandro Tantussi