Di Alessandro Tantussi
Nonostante la crescita del PIl è dal 2009 che in Cina aumenta la disoccupazione
e questa inquietante tendenza sembrerebbe destinata ad aggravarsi.
L’ultima previsione si attesta al di sotto del 7% del PIL.
Il dato sarebbe drammatico per un paese con una popolazione di 1,5 miliardi
Il dato sarebbe drammatico per un paese con una popolazione di 1,5 miliardi
di persone buona parte delle quali ha un tenore di vita ancora decisamente
inferiore agli standard occidentali.
In Cina, come avviene in ogni paese in fase di sviluppo o di “rivoluzione”
industriale, per raggiungere la piena occupazione sono necessari tassi di
crescita del PIL molto superiori a quelli che sarebbero sufficienti a noi
per mantenerla.
La diffusione della tecnologia e la sostituzione del lavoro umano con quello
La diffusione della tecnologia e la sostituzione del lavoro umano con quello
delle macchine e l’aumento della produttività libera buona parte della forza
lavoro che deve prontamente trovare un’ altra occupazione.
Ma se la crescita rallenta la disoccupazione rischia di aumentare rapidamente.
La situazione in quella che dovrebbe essere la seconda economia mondiale è
molto delicata: la diffusione incontrollata e soprattutto non quantificabile
del credito extrabancario, quindi delle cosiddette banche ombra, è un argomento
spinoso tanto da aver convinto le autorità ad accettare tassi di crescita minori,
pur di dare tempo alle riforme fiscali e politiche (in realtà piuttosto lente)
di dare i propri effetti.
Come se non bastasse la credibilità dei dati macroeconomici diffusi dalle
autorità cinesi non è ritenuta molto attendibile dagli occidentali.
Tutto ciò potrebbe aggravare le previsioni sulla crisi economica internazionale,
ed in particolare quella Italiana, in relazione alla quale qualche economista
si arrischia nuovamente a vedere la luce in fondo al tunnel.
Potrebbero essere le luci del “treno” cinese che ci travolge definitivamente.