di alessandro tantussi
Chi tira le redini sperando che il puledro pigro parta al galoppo ha preso troppo sole e chi pensa
che il travaso Europeo da povero a povero produca ricchezza è da ricovero.
NON SONO AFFATTO D’ACCORDO SULL’AUSTERITY.
Una cosa è la riduzione della spesa pubblica. Altra cosa è il freno dell’austerity che impedisce la ripartenza
della iniziativa privata, che è la sola capace di far uscire l’Italia dalle secche della crisi.
Non dico che si debbano spendere soldi, sono un liberista e credo poco nel moltiplicatore del reddito
di Keynesiana memoria. Ma credo che l’austerity sia un efficace “divisore” del reddito e depressore
dell’economia.
Non penso che il pareggio di bilancio sia un tabù, e sono convinto che metterlo in Costituzione sia stato un
obbrobrio economico.
Oggi bisogna rischiare, non con la spesa pubblica ma almeno allentando le redini fiscali e monetarie.
Sono convinto che l’aumento dell’aliquota IVA sia controproducente: il risultato sarà un aggravarsi della
recessione e perfino un peggioramento dei conti pubblici a causa di una riduzione del gettito complessivo
nonostante un aumentato prelievo sulle singole transazioni. Ciò per il semplice fatto che con l crisi la
domanda è particolarmente elastica rispetto al prezzo, l’aumento del prezzo determinato dall’IVA
comporterà una riduzione del consumo (recessione) e dunque un gettito inferiore dell’imposta sui consumi.
Altrettanto dicasi per quanto riguarda le aliquote delle imposte sul reddito e sul lavoro. Credo che in tutti i
casi sia stato superato il massimo della curva di LAFFER che descrive il gettito in funzione delle aliquote, prima
cresce, ma ad un ceto punto cala fino ad arrivare a 0 quando l’aliquota è 100% perché nessuno lavora gratis
solo per dare allo Stato l’intero ricavato del suo lavoro. Attualmente siamo in un punto calante della curva. La
derivata della funzione è negativa, ad ogni aumento della percentuale seguirà un minor ricavo dall’imposta
stessa.
E poi, perdiana, bisogna avere più coraggio!
Guardate le esperienze del Giappone e degli Usa, perfino della stessa Cina. Hanno allentato il morso e il
cavallo, sia pur con passo incerto, sembra aver ripreso a galoppare. Da noi ci si illude che, tirando le redini, il
puledro pigro ricominci correre, un “film” della la serie “la fuga del cavallo morto”.
Comunque sia: poco importa avere un debito di 120% PIL o 130% PIL. Se lo Stato fallisce non pagherà né il
120 né il 130.
Proviamo ad imparare da quello che fanno gli imprenditori degni di tale nome. Se l’azienda è in crisi di
vendite, il taglio dei costi (sempre opportuno per quanto riguarda quelli inutili e improduttivi) potrà portare
un beneficio temporaneo sul bilancio, ma di certo non si trasformerà in aumento del fatturato. In momenti di
crisi o si decide di uscire dal mercato, o si spera nella buona sorte (ma allora è meglio tentare il Superenalotto)
o si rischia. Nonostante i conti in rosso si aumentano gli investimenti in ricerca e sviluppo, in tecnologia,
in pubblicità, in promozione. Si cerca di lavorare di più a parità di reddito in modo da abbassare i prezzi
e rilanciare l’export. Si allentano i lacci ed i lacciuoli della burocrazia. La politica economico finanziaria del
nostro paese invece pensa di rilanciare l’economia strozzandola sempre di più per prelevare dai settori
produttivi ciò che serve per tappare le perdite del settore pubblico colabrodo.
Cosa pensate che faccia meglio al malato debilitato e morente che sia ricoverato in rianimazione: un salasso o
una trasfusione di sangue?
Questa è la mia ricetta per confezionare un pasto minimo che impedisca all’Italia di morire di fame: spending
review sì, ma per il resto politiche di allentamento monetario e fiscale a favore del lavoro, delle imprese e
del consumo.
Inoltre vendiamoci pure una parte del patrimonio pubblico inutile, come farebbe il buon padre di famiglia che
si vendesse l’argenteria per dar da mangiare ai suoi figli. Sarà pure complicato, ma sono tre anni che se ne
parla, se avessimo cominciato tre anni fa ci saremmo già venduti non dico perfino le mutande ma almeno la
pregiata biancheria di pizzo della nonna. Che ce la teniamo a fare nel cassettone?
E poi smettiamola di contribuire alle spese Europee per sostenere il rilancio delle altre economie in crisi!
Letta ha recentemente ottenuto 1,5 miliardi dall’Europa da destinare alla riduzione del carico fiscale dei nuovi
assunti, sventolando al cosa come un successo. Ma nello stesso tempo in un anno l’Italia ha contribuito con
più di 40 miliardi al sostegno delle banche spagnole e delle altre economie europee mediterranee rubando ai
poveri Italiani per dare ai poveri Spagnoli, Greci, Portoghesi.
Da poveri a poveri non si ottiene nulla. Robin Hood era inglese, sul continente non ce n’è uno che rubi alla
Germania ricca per dare agli europei poveri, e probabilmente è giusto così.
Ma rubare ai poveri per dare ad altri poveri è perfino stupido.