DEAD CAN DANCE: ANASTASIS

di Alfredo Cristallo

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L’estate del 2012 ha visto la reunion dopo uno iato durato 16 anni, di una delle band storiche degli

anni Ottanta, quei Dead Can Dance che alla metà del decennio divisero con la loro storica

controparte, i Cocteau Twins, il panorama del dark gotico ed esoterico. Per chi li avesse dimenticati

o chi non li conosce neppure, la loro storia è questa. I Dead Can Dance sono un duo di cantanti e

polistrumentisti Brendan Perry e Lisa Gerrard, molto sorprendentemente formatosi in Australia,

ma presto emigrato in Gran Bretagna, il cui biglietto da visita era un sound tenebroso e spettrale,

concepito come musica per ensemble da camera e voce. Sebbene gli inizi fossero pesantemente

dominati dalle influenze del gotico mesmerico e altisonante di Siouxsie and The Banshees

particolarmente evidente nel 1° omonimo LP (1984; East Of Eden, Passage In Time, Musica Eternal)

presto il panorama si aprì a una produzione più luminosa (sul coevo EP The Garden Of Arcane

Delight) e alle soluzioni più raffinate, solenni e ricche d’intensità religiosa del successivo LP Spleen

And Ideal (1985; con De Profundis, Advent, Enigma Of Absolute), col canto astratto e inintelligibile

della Gerrard in primo piano (Mesmerism, Avatar). Il gruppo che aveva già una sezione fiati, una di

archi e 2 percussionisti lievitò fino a diventare una piccola orchestra di 11 elementi pervenendo a

una forma di pretenziosa sperimentazione in Within The Realm Of A Dying Sun (1987), dominato

dai lieder introspettivi della Gerrard (Persephone, Cantara) e poi due anni dopo a una delle

migliori prove di occultismo rock in The Serpent’s Egg con le odi spettrali di Host OF Seraphim e

Chant Of The Paladin, ispirate alla paleoinnodia slava e le ballate medievali di Perry (Severance,

Ulysses). La ricerca sulla musica medievale e rinascimentale è il carattere prevalente del successivo

e più umile LP Aion (1989; Salterello) così come la musica celtica lo è per l’album del 1992 Into The

Labyrinth (Carnival Is Over), che inizia la loro fase più esotica (Yulunga) culminata nel 1996 con il

deludente Spiritchaser dopo il quale Perry e la Gerrard si divisero (musicalmente e

sentimentalmente). Anastasis è l’album della resurrezione del gruppo (e tale è il significato del

nome in greco). Diciamo subito che il sound mantiene intatto il potere evocativo del passato tanto

più in quanto il riferimento colto questa volta è la Grecia classica (dall’antichità al periodo

bizantino). Curiosamente tuttavia le melodie mediterranee di Children Of The Sun e il tema

melodrammatico di Amnesia (ambedue cantate da Perry) risultano un’involontaria rivisitazione di

stereotipi di musica commerciale (Frank Sinatra nel primo caso, Richard Clayderman nel secondo);

va leggermente meglio con Opium nobilitato dalla vena romantica degli archi. D’altra parte

l’interesse morboso della Gerrard per il folklore esotico producono le performance vocali di Agape

e Kiko peraltro simili alle canzoni d’amore del Vicino Oriente che già avevano appesantito il

precedente Spiritchaser. La maestosa Return Of The She-King vicina ai salmi gregoriani e con echi

delle epiche colonne sonore della Gerrard (Il Gladiatore per es.) testimonia quantomeno la validità

dello sforzo compiuto dal duo in fase d’arrangiamento. Alla fine i momenti migliori sono dati da

Anabasis che fluttua fra mistici arabeschi ed elettronica ma non è immemore della tensione

mistica che pervadeva gli album più validi del gruppo; e la conclusiva All In A Good Time dominata

quasi totalmente dal baritono fatalista di Perry mentre l’accompagnamento sinfonico rimane per

lo più confinato nel sottofondo fino a ridursi ad un bisbiglio impercettibile. Un LP apprezzabile

dunque: Perry e Gerrard dispongono ancora di frecce nella faretra ma gli anni di separazione

hanno lasciato le loro tracce e i due avranno sicuramente di registrare meglio le dinamiche

collaborative se vogliono dare un seguito a questo nuovo inizio.

 

sito internet: deadcandance.com/

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