HAPPY HOUR

IVANO MUGNAINI si è laureato all’Università di Pisa. È autore di narrativa, poesia e
saggistica. Scrive per alcune riviste, tra cui “Nuova Prosa”, “Gradiva”, “Il Grandevetro”, “Samgha”,
“L’ Immaginazione”. Cura il blog letterario DEDALUS: corsi, testi e contesti di volo letterario,
www.ivanomugnainidedalus.wordpress.com. Ha curato la rubrica “Panorami congeniali” sul sito della
Bompiani RCS. Suoi testi sono stati letti e commentati più volte in trasmissioni radiofoniche di Rai –
Radiouno. Collabora, come autore e consulente, con alcune case editrici. Cura e dirige i “Quaderni
Dedalus”, annuari di narrativa contemporanea. Ha pubblicato le raccolta di racconti LA CASA GIALLA
e L’ALGEBRA DELLA VITA , i romanzi IL MIELE DEI SERVI e LIMBO MINORE. Tra i critici ed autori
che si sono occupati della sua attività letteraria ricordiamo: Vincenzo Consolo, Gina Lagorio, Luigi
Fontanella, Paolo Maurensig, Elio Pecora, ed altri.

 

Scovo a caso, lungo il viale della stazione, un ristorante nuovo,

pulito, con un bagno che non invita a indossare il casco e la mascherina da

disinfestatore. Il cibo è ottimo, abbondante, genuino. Ti spinge a voler bene

all’ambiente che te lo elargisce, diventando affezionato avventore, conservando

con cura il biglietto con il numero di telefono e l’indirizzo, parlandone bene agli

amici e ai conoscenti.

La cameriera-tuttofare del suddetto mirabile locale non è esattamente bella,

ad essere onesti. Ma ha occhi da cerbiatta in fuga e un seno svettante sotto la

maglietta candida. Sembra la vergine di un quadro del Quattrocento. È docile,

languida, cortese. Con sguardo puro e voce di zucchero mi fa accomodare in

una saletta privata, completamente riservata a me. Accende il televisore e lo

sintonizza su una telenovela. In altri casi mi verrebbe l’orticaria, ma ascolto

quieto i sussurri dell’attrice che miagola dallo schermo, e mi risultano soavi,

come i monosillabi lievi della dispensatrice di vivande. Finisco per sovrapporre

e identificare le due figure femminee, e quando la diva della soap opera declama

un mieloso “Ti amo” sento un brivido nella schiena, e, seppure con labbra mute,

le rispondo in rima.

Mi richiama alla realtà un grugnito cavernoso. La fanciulla vivandiera

è soggetta alle angherie di un orco. Forse è il padre della donzella, non so, di

sicuro è padrone e tiranno. Urla, bestemmia, impreca, sbraita e sbava veleno

contro di lei, che, placida, obbedisce con un sorriso. Torna civile, l’energumeno,

solo al telefono, se e quando un cliente prenota un tavolo e gli fa pregustare la

moneta contante.

Che fare? Divento un paladino, Orlando, Parsifal, Lancillotto, un poeta

trovatore sdegnato di fronte a una tale ingiustizia nei confronti di un’anima

pura? Oppure divento pavido filosofo, chiudo entrambi gli occhi e me ne

vado facendo finta di niente? Si avvicina intanto l’attimo fatidico del conto e

dell’amaro congedo, e resta vivo e ardente il dilemma che mi lacera. A un certo

punto sento un fuoco dentro, mi alzo, e, con una scusa, entro di soppiatto in

cucina.

La vergine e l’orco stanno amoreggiando: le mani tozze come bistecche al

sangue palpano e percorrono sfacciate le rotondità muliebri e gli anelati anfratti,

neppure troppo angusti, a dire il vero.

Con il gelo nelle membra e nella mente, mi reco barcollante al bancone.

Pago il conto alla muta e pallida signora, prefigurazione della morte, seduta da

tempo immemorabile sullo stesso sgabello con la stessa espressione. Forse è la

moglie rassegnata dell’orco, o magari una semplice commessa. La saluto, senza

sperare neppure un attimo in una qualsivoglia forma di risposta.

?

Risalgo sul cavallo, a motore, e medito a lungo sul “guiderdone” non

ottenuto, strappato, defraudato. Ripongo la lancia in resta, imbraccio il borsone

ed estraggo il cellulare. Provo a chiamare la donna dei miei sogni, la ragazza

che amo da anni, per invitarla al ristorante dell’idillio sfumato e della disfida

mancata, dimenticando in tal guisa, con la forza del suo amore, l’onta subita.

Provo a fare la stessa voce dell’orco. Ride, la mia Angelica, seppure in

sordina. Attende un istante poi mi rivela che ha la serata impegnata, deve andare

al “Drago d’Oro” a bere un calice prezioso di aperitivo Spritz e degustare dorate

patatine con un suo amico che l’ha invitata per l’happy hour.

Ivano Mugnainihappy-hour-drinks-enjoy

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