BRIC è un acronimo normalmente conosciuto per definire i 4 paesi economicamente e
politicamente emergenti dall’inizio del Terzo Millennio cioè Brasile, Russia, India e Cina. In questo
caso però stiamo trattando di un trio di Bari già noti alla scena pugliese per aver militato in gruppi
come Quarta Parete Compagni di Merengue (nome spassosissimo che fa intravvedere l’amore del
trio per la musica esotica). Nel loro primo LP appena uscito il Nuovo Ordine Mondiale (prodotto
dalla PiccolaBottegaPopolare), il trio appassionato di cultura brasiliana, russa e cinese s’interroga
sulla portata della sfida che questi paesi stanno portando agli assetti politico economici mondiali
in un panorama di evidente crisi globale delle società statunitensi ed europee che sembrano
perdere sempre più terreno non solo sul piano dell’economia ma anche della cultura e della
società. La risposta che i tre si danno è che queste società hanno dato tutto quel che potevano
dare e debbono quindi accettare stili e modelli culturali “altri”: in fondo chi ha coniato il termine
globalizzazione dev’essere poi conseguente. La musica dei BRIC è un synth-pop d’intrattenimento
che viene mescolato a stili musicali esotici dai nomi tanto sconosciuti da sembrare improbabili
(mandopop, tecnobrega, lavani, bobannadir), viene suonato accostando strumenti etnici ed
elettronici e viene cantato interpolando ai testi in italiano termini cinesi, indiani, portoghesi e
russi. L’operazione dei BRIC non è in fondo dissimile dalle sperimentazioni del post-punk dei primi
anni Ottanta, quando cominciò ad accogliere le sonorità dub, reggae e ambient, e si muove verso
l’obiettivo sfornare un mix stilistico che suoni volutamente antirock ma rimanga in grado di
solleticare l’ambivalenza dell’immaginario culturale indotto da un sound che per paradosso più
comune non potrebbe essere. Infatti il loro synth pop cita spesso quello di Battiato della svolta
pop magari interpolandolo con reminiscenze degli indimenticabili CCCP (Sovkhoz E Kolkhoz), dei
Kraftwerk (Le Logiche Del Market con testo da propaganda TV e inaspettato assolo chitarristico) o
col synth pop industriale degli Heaven 17 (Radici, Wargames che si avvale di un lussureggiante
tappeto percussionistico di marimba). Più vicine a una sorta di World Music elettronica sono la
samba esotica di Falas De Amor, il synth pop sovrapposto alle spire di un raga indiano di Silicia, la
giga celtica di Il Mio Giardino che si muta a poco a poco in un dub sintetico, il power pop alla
Visage di Dalla Cina Con Furgone che esibisce spavaldamente un testo in cinese. Più meditate e
forse più vicine alla cultura classica europea risultano il lied pianistico a ritmo di scioglilingua di Un
Inno Nazionale e l’acquerello di Sussidiario 1.0 per arpa, archi e piano. Come dicono i BRIC nella
presentazione del loro album “Cosa ci fanno insieme una cantante di bossanova, un pescatore
della Kamchatka, una produttrice cinematografica di Mumbai e un ingegnere elettronico di
Kunming ? Non lo sappiamo ma intendiamo scoprirlo”.
Grande è il disordine sotto il cielo quindi la situazione è eccellente.
Progetto geniale, disco bellissimo!