I Supertempo sono nati nel 2010. Provenivano dalla provincia veneta (fra Bigoli e Asiago) e
all’inizio erano in 4 ed erano conosciuti solo con i loro soprannomi ovvero Inter (basso, voce),
Biondo (chitarra, voce), Mela (organo), Dade (batteria). Il loro primo EP Supertempo Goes
Prestissimo (2010), che stipava 6 pezzi in meno di 12 minuti presentava un gruppo votato a un
power punk d’annata intersecato da un organo deliziosamente surf (Franco Baresi) con qualche
spunto avanguardistico (Postmodern Way To Feelings). Nei primi mesi del 2012 uscirono i singoli
Denim Boy e To The Sea By Walking che denotavano i loro debiti anche con l’anorak pop dei
Pastels se non altro in termini di piacevole orecchiabilità. Da quei due singoli prese l’abbrivo il loro
primo vero LP Brother Sun Sister Moon (2012) che fotografava un power trio alle prese con un
suono sbarazzino e naive magari non proprio originale ma che rimaneva nell’ambito di una
rivalutazione del graffitismo punk (ad es. con gli omaggi ai Buzzcocks di Meet Kurt e Being S.
Francisco). Dopo la partecipazione alle compilation Top 100 2012 Rockit vol. 37 arriviamo infine al
2014, quando il gruppo dà alle stampe per la Go Down Records il loro nuovo album 29. La
formazione è ancora un trio formato da Marco Fabris (batteria), Federico Mellinato e Stefano
Mellinato che si scambiano frequentemente le parti vocali e quelle di basso e chitarra. Il nuovo
disco si muove all’unisono con questi tempi frenetici e confusi, cavalcando allegramente differenti
generi come una fotografia ironica di questa attualità vanesia e un po’ kitsch ma senza
abbandonare mai una certa vena parodistica che li fanno assomigliare un pò ai campioni della
goliardia punk americana dei primi anni Ottanta (Dickies e Vibrators in testa), un po’ alla riedizione
del folk punk acido della metà anni Ottanta (Meat Puppets). Senza dubbio il loro genere preferito
è il garage punk (il fulminante terzetto di brani iniziali Blue Rock, Hammerhead e Be Your Friend)
con qualche incursione nel mod punk alla Jam (Mod Joe) e nell’hardcore (Having Fun e The Kids
Are Connected deliziosamente retrò e suonato come avrebbero fatto i Ramones).Ma la vera
sorpresa è come precedentemente accennato i frequenti omaggi al folk a volte lirico (Steve), a
volte con accenti dylaniani (Hours Man, Perpetua) fino a spingersi al cow punk (I’d Rather Burn
Than Get Burned, You’re Always Punk). Completa la carrellata il valzer (volutamente) idiota di Aged
Woman Do e Bad Ball con citazioni dei Fab Four. I Supertempo si fanno un dovere di non sembrare
un gruppo con chissà quali pretese ma proprio per questo sono sinceri e godibilissimi: la loro
musica facile facile è in realtà un’antologia ragionata di novelties classiche che si inserisce a buon
diritto nel filone del graffitismo musicale.
di Alfredo Cristallo