Al TRA: Bruce Myers e il suo doppio

1502639_10204264598403373_8538446753536971321_oEra il 27 giugno, i posti erano al completo; l’evento si presentava da sé: al Teatro Rossi di Pisa uno spettacolo che ha girato i teatri di mezzo mondo. Il pubblico era disorganico, composto di studenti, professori, e appassionati. Tutti lì per vedere l’esibizione di Bruce Myers, storico attore di Des Buffe Du Nord, nelle vesti de Il Grande Inquisitore, una lettura tratta dal riadattamento del monologo di Dostoevskij che Marie Hélène Estienne ha scritto nel 2007 per la regia di Peter Brook, di cui l’interprete era lo stesso Myers. La versione del brano, proposta in lingua originale con sottotitoli in italiano, era l’evento della serata; ma il programma prevedeva la possibilità di entrare in contatto due volte (o quasi) con il grande interprete inglese. Il monologo di Myers, infatti, è stato rappresentato in chiusura, mentre la prima parte dello spettacolo ha visto protagonisti gli allievi del Centro di Creazione Teatrale Policardia Teatro, del quale Meyers è membro e insegnante dal 2010.

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Il Centro di Creazione Policardia teatro nasce ufficialmente nel 2010, ma ha origine dall’incontro e la cooperazione tra Bruce Myers e Andrea Elodie Moretti (oggi direttore artistico del CCT).

La collaborazione risale al 2007 e si rafforza durante un workshop sul rapporto padre e figlia nel teatro di Shakespeare, tenutosi a Viareggio agli inizi del 2008. È proprio Myers a contattare Mamadou Dioume e Corinne Jaber, anch’essi attori di Peter Brook. Dopo diversi workshop insieme Dioume e Myers propongono a Moretti di fondare un centro creativo che si distacchi da tutto ciò che offre il territorio italiano in ambito di scuole di teatro e centri di sperimentazione. Lo scopo è creare una collaborazione diretta tra allievo e maestro, che miri a condurre l’attore – artista a conoscere il teatro in maniera empirica e diretta, e spingendo il neofita a partecipare creativamente piuttosto che sottomettersi alle nozioni di un’insegnante.

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I giovani attori hanno presentato al teatro Rossi tre atti unici, tratti da tre racconti di Cechov di cui gli ultimi due piuttosto noti: La farmacista, Polinka, e La voglia di dormire.

I tre spettacoli sono stati preparati durante un training guidato da Myers, e durato una sola settimana, nella sede dello stesso Teatro Rossi. Esperimento che aveva l’obiettivo di coinvolgere attivamente gli studenti dell’ateneo pisano che sono rimasti, purtroppo, insensibili alla proposta.

I tre mini spettacoli si sono svolti sulla dinamica dei teatri off, linea cara ai maestri del CCT Policardia, i quali hanno impostato la resa della messa in scena sull’interpretazione degli attori, utilizzando scenografie scarne, composte di non più di due oggetti scenici, che diventano la parte per il tutto, e contestualizzano l’intera scena.

La Farmacista si è apre con un tavolo al centro della scena, illuminato dall’alto da una luce gialla. Dalla parte buia della sala, una voce rompe il silenzio e comincia a introdurre la trama. Il racconto di Chechov, dalla sinossi semplice, presenta una vena umoristica che si presta naturalmente alla commedia teatrale: l’affascinante moglie di un farmacista si sente trascurata dal marito, ossessionato dal lavoro e smanioso di guadagnare. Una notte è visitata da due militari in congedo, giunti alla farmacia apposta per sedurla. I due ragazzi incapaci di dichiarare il loro intento, si vedono costretti ad acquistare diversi medicinali, e quando finalmente uno di loro, credendo di essere vicino alla meta, rientra in negozio deciso a dichiararsi, la farmacista è tornata a dormire, mentre al suo posto, appare il marito pronto a vendere altre medicine al giovane militare.

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Il Policardia sceglie la strada della commedia all’italiana, prediligendo la linea della gag televisiva, alla quale abbina la freschezza di una recitazione naturale e per niente scontata, nonostante la trama del racconto ottocentesco che potrebbe sembrarci oggi una variante delle tante commediole di stampo nazionale. L’espressività della mimica discreta degli attori ad esempio, ci libera delle espressioni esasperate in stile “macchietta”, tipiche della commedia italiana, rendendo i personaggi umani e spontanei, e sprovvisti di una gestualità estrema e affettata; le leve puntano quasi all’essenziale nella recitazione, come nell’allestimento scenico.

Per Polinka il CCT elimina la voce narrante, concentrando tutta la struttura della messa in scena sulla negazione del dialogo, adattandosi, quindi, alla scelta di Cechov. La trama del racconto, infatti, è costruita interamente sullo scambio di battute tra due innamorati sull’orlo della lite. Ambientata in una bottega di stoffe, la conversazione tra i personaggi ne evidenzia essenzialmente le emozioni attraverso la descrizione di piccoli gesti e mutamenti di registri, che innescano la comicità di un contegno obbligato, richiesto dal luogo in cui si trovano. Nella messa in scena diretta da Myers, la descrizione dei toni, dei sospiri, delle pause, e dei nervosismi diventano reali, e naturali; peculiarità del teatro di Peter Brook, cui Myers deve l’ultima parte della sua formazione teatrale.

A chiudere la rappresentazione dei giovani attori, La voglia di dormire. Un breve racconto dell’autore russo, che si potrebbe considerare un piccolo capolavoro per la sua struttura a incastro, tra il sogno, la realtà e l’immaginazione. La tredicenne Var’ka è costretta a passare le notti insonne perché deve occuparsi del bambino del padrone, e cullarlo fino all’alba. La ragazzina lavora instancabilmente durante il giorno, e la notte si ritrova a combattere con un sonno prepotente, frastagliato dai ricordi dolorosi della propria infanzia. Una sera la stanchezza disperata di Var’ka degenera nella follia, ed ella uccide il figlio del padrone. Lo spettacolo segue lo stile a intreccio di Cechov, evidenziando la forza delle immagini attraverso cui si sviluppa il racconto, e nella messa in scena diventano piccoli quadri scenici, montati sullo stile del teatro epico. Ritorna il narratore esterno, ma a differenza di La farmacista, in cui la voce fuori campo ha solo una funzione introduttiva, in La voglia di dormire è utilizzata per scambiare gli interventi degli attori, e accordare le voci di Var’ka desta, con l’eco del suo canto durante il dormiveglia, che nello spettacolo assume un’immagine distinta, ossia la madre Pelageja. Sulla voce narrante i giovani interpreti creano effetti di tensione, e di rilascio, e impostano tutta la rappresentazione verso il raggiungimento del climax finale. Scelgono di sfruttare la coralità delle voci, e giocano con lo scambio continuo degli emittenti, rafforzando l’effetto surreale e la dimensione onirica propri del racconto.

Come premesso, a concludere la serata è stato Bruce Myers, attore di teatro e cinema, conosciuto soprattutto per la sua lunga collaborazione con Peter Brook; che al Teatro Rossi regala un adattamento in lettura drammatizzata di The Grand Inquisitor, una piccola versione di uno spettacolo di grande effetto scenico, e dai contenuti delicati; che ha emozionato, quanto provocato il pubblico mondiale:

«c’era una donna molto attraente nella terza fila, che era incredibilmente imbarazzata dal fatto che io parlassi con lei, che la accusassi, che le dicessi che aveva deluso il popolo, che era una persona elitaria e che anche la sua religione era elitaria, e che non aveva neanche accettato il suggerimento di Satana … » B. Myers,

www.teatroeutheca.com, ottobre 2012

La proposta di lettura drammatizzata che Myers insieme al Policardia Teatro portano al TRA, per la sua struttura, è molto meno realistica rispetto all’interpretazione per lo spettacolo di Brook, e Myers si sofferma soprattutto sulla pronuncia delle parole, altra peculiarità del lavoro con il maestro, che emerge prepotentemente nell’esposizione dell’attore inglese. Per questa versione Bruce Myers elimina i suoi gesti incisivi, e la modulazione della voce, per concentrarsi unicamente sul testo, esaltandone il contenuto mistico e insieme attuale, che spinge a riflettere sulla questione dell’importanza di Cristo e del cattolicesimo nella storia dell’uomo. La voce dell’attore assume un tono calmo, con pause regolari nella respirazione, calcando molto sul suo spiccato accento inglese, che per effetto risuona nella sala del Teatro Rossi, e raggiunge il pubblico anche oltre l’aspettato.

di Valentina Solinas,

foto di Angelo Liuzzi

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