Goran Bregovic a Portovenere: un concerto memorabile a metà dell’estate…

MASTRO CONCERTATORE GORAN BREGOVIC

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PORTOVENERE – 20 LUGLIO 2014:

«Chi non è pazzo non è normale!» urla Goran Bregovic ai suoi fan, appena giunge sul palco

presso la chiesa di San Pietro di Porto Venere. Così ufficialmente si da il via al bellissimo concerto

di fine luglio che a ha fatto scatenare il pubblico di tutte le età, trasformando l’affascinante sito

della chiesa ligure in una festa folklorica, dove si sono viste ragazze e donne mature cimentarsi

nelle danze tipiche di paese ispirate al sud, come la pizzica o la tarantella; e del resto il sud Italia

non è mai stato ignorato dall’autore bosniaco, si ricorda la sua nomina di -mastro concertatore- al

festival della notte della taranta 2012.

«La musica parla facile, è un linguaggio che si capisce ovunque». Diceva Bregovic in un intervista

del maggio 2013, rilasciata in occasione del Negro Festival, ben consapevole dell’energia che

sprigiona il suo sound, allegro e ricco, contaminato dalle più vaste sonorità folkloriche: musica

balcanica, musica gitana, e ritmo spagnolo (ad esempio nel brano Balkaneros, frutto della

collaborazione con i Gipsy Kings).

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A Porto Venere, infatti si ripete il rituale che caratterizza la maggior parte dei concerti di

Bregovic: allestimento curato e signorile, con i posti a sedere abbandonati dagli spettatori, travolti

dai ritmi balcanici. Sono soprattutto i giovani a cominciare; dopo aver seguito l’esempio di una fan

fuori controllo, decisa a sfidare un uomo della sicurezza con la sua danza libertaria, gruppetti di

ragazzi saltellano ai lati della platea rompendo le barriere convenzionali imposte, e si scagliano

sotto il palco della Wedding & Funeral band, costringendo gli spettatori seduti nelle prime file a

spostarsi indietro per evitare di essere travolti dai fan scatenati che alternano momenti di pogo, a

imitazioni di danze Sirtaki allargandosi a dismisura.

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La scaletta del concerto riprende i brani dell’ultimo disco Champagne for Gipsys (2012), e altri

recenti lavori, quali Le lievre de Vataneu. Ma non si trascurano i brani più vecchi come Ederlezi

de Les temps des gitans (colonna sonara dell’omonimo film di Emir Kusturica) o Mesecina

moonlight.

Da buon leader carismatico, ex front man della rock band Bijelo Dugme, Bregovic tiene il

controllo della folla, e dopo qualche brano movimentato incanta i suoi fans con canzoni come

In death car, bellissima ballad, e colonna sonora di Arizona dream. L’artista coinvolge il suo

pubblico in un controcanto omogeneo, e malinconico; che sostituisce il loop melodico strumentale

originale.

Per concludere il concerto Bregovic regala al pubblico italiano, una chicca: Bella ciao, icona della

canzone partigiana che è entrata ufficialmente a far parte del repertorio della Wedding & Funeral

band ormai da qualche anno.

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Goran Bregovic inizia la sua carriera artistica negli anni ottanta, quando ancora studente di

filosofia fonda la band jutro, che successivamente si trasforma in Bijelo Dugme, ossia bottone

bianco. È il periodo della Sarajevo pre-bellica, e tra lotta politica e divertimento, la band di

Bregovic vanta una carriera quindicinale con milioni di dischi venduti ai teen ager slavi. Al

culmine del successo la band, si scioglie un po’ per il difficile clima politico, un po’ per decisione

del leader che preferisce unirsi all’amico Emir Kusturica, e perseguire una lunga produzione di

colonne sonore indimenticabili, spesso proposte anche dal vivo ai concerti dell’autore. Dal film

Gatto nero, gatto bianco, Goran Bregovic non incide più le colonne sonore per le pellicole

dell’amico Kusturica, e si dedica alla produzione di dischi. Il più recente è Champagne For

Gypsies (2012) disco piacevole, pieno di contaminazioni, un inno alla libertà, ispirato alle influenze

gitane, cultura che Bregovic considera come un «talento che ha lasciato traccie indimenticabili

nella musica contemporanea universale», e la sua “banda” rappresenta ancora l’ultima forma viva

della musica gitana. Sembra che i canti zingari avranno ancora vita lunga.

di Valentina Solinas, foto Chiara Moraglio

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