I Confusional Quartet nacquero a Bologna alla fine degli anni ‘70 col nome di Confusional Jazz
Rock Quartet come gruppo solo strumentale. Le loro prime apparizioni al Punkreas convinsero
Oderso Rubini a inserirli nel cartellone di Bologna Rock, il festival del 1979 che radunò il meglio
dell’area punk e new wave bolognese (Windopen, Gaznevada, Skiantos, Luti Chroma, Bieki, Frigos,
Andy J Forest, Naphta, Cheaters). Il loro celebre set aperto da una corrosiva versione di Volare
(loro primo singolo) diede al gruppo la spinta necessaria a registrare il primo omonimo LP (1980)
con la produzione di Giovanni Gitti. Benchè visivamente si presentassero come una versione
italiana dei Devo con tute bianche industriali, il gruppo di Lucio Ardito (basso), Marco Bertoni
(tastiere), Gianni Cuoghi (batteria) e Enrico Serotti si caratterizzò musicalmente con uno stile che
mescolava in maniera casuale e confusa rock, disco, jazz, beguine, elettronica e rumorismo,
rivelando un attitudine vicina al futurismo italiano; in questo senso brani come Orinoco Blues,
Paranoia, XXX ?, Trallà Papppà (sì, con 3 p), Bologna Rock, Guerra In Africa, Nedbo Zip, Beguine
Sulla Luna non appartengono a un genere definito ma a due, più o tutti i generi. Dadaismo e
iperrealismo sono la base dei successivi progetti del gruppo Confusional Quartet EP (1981; Plastic
City Dinamic, Sigla 1, Sigla 2, Sigla 6), Documentario (1981; Pubblicità, Cos’è) e il singolo Moda
Kermesse (1982) che costituiscono uno studio sulla commercial music e insieme di arte
performativa. Il gruppo si scioglie subito dopo per riemergere con Italia Calibro X (2011) e
Confusional Quartet (2012; Futurfunk, One Nanosecond In Tunisia, Verme, Amaricante,
Newnewwave, Sensosan) che recupera meglio la verve del primo periodo. Nel 2014 il gruppo
ritorna con un altro ambiziosissimo progetto Confusional Quartet Play Demetrio Stratos. Con
l’ausilio di Gitti vengono recuperati i nastri dell‘ultimo concerto solista dell’indimenticabile
cantante degli Area per filtrarli attraverso fasce sonore che intersecano liberamente
sperimentazione sonora, canzone pop formale, progressive anni Settanta, jazz rock. Nel disco le
incredibili diplofonie e triplofonie di Stratos vengono frullate e annegate in arrangiamenti contorti
e raffinati che abbracciano ora il primitivismo (AgainST, Mr. Troja, Ui), ora la dance con allusioni
esotiche (CCTV, la marcia sferragliante di Alessandria), ora il pop devoluto (Manifest’o, Der
Pasolini), ora il jazz-progressive furente dei King Crimson (Cometa Rossa, Sembra, S. Maria Di
Ouch) fino a spingersi in territori di confine come nel raga spettrale di Molto Poko, nel
minimalismo di Disco D’Oro, nel dramma atonale alla Residents di Fazzarazza. Il risultato è
probabilmente molto vicino a un ipotetico disco degli Area se avessero avuto il tempo
d’interpretare le canzoni soliste di Stratos e avessero avuto la tecnologia opportuna per sviluppare
la loro fusione di free-jazz ed elettronica. Quello dei Confusional Quartet è un album complicato,
estremamente introspettivo e forse pretenzioso; di sicuro necessita di un ascolto molto attento
per essere metabolizzato. Ma nel loro lavoro di impeccabile analisi e ricerca sonora, il gruppo ha
decisamente superato la prova.
di Alfredo Cristallo