Scritto da Valentina Solinas
«E in cosa credi?» «In una lunga notte senza fine».
Ci sono spettacoli e spettacoli. Opere drammatiche esteticamente potenti, perché lineari e ben costruite, tanto che basta un gesto di un attore o una particolare alchimia tra scena e luci per creare una sensazione; un sentimento che non si decodifica subito ma che rimane a lungo. Ci sono spettacoli, invece, dove non è l’estetica a colpire, e non importa se manca la perfezione perché in certe rappresentazioni non è importante. Sono quelle messe in scene che ti porti a casa, quelle che dopo alcune settimane ancora ti fanno riflettere, perché sono parte del quotidiano. Mettono in luce quegli aspetti della nostra vita con cui abbiamo più contrasti, quelli che suggeriscono le grandi domande a cui non sappiamo rispondere.
E’ anche vero che per questa seconda tipologia, il testo assume una parte fondamentale, perché tutto lo spettacolo gira intorno al tessuto drammaturgico e alle battute degli attori.
Al Teatro Era di Pontedera hanno portato i loro contributi due nomi che in ambito drammaturgico hanno già riscosso importanti riconoscimenti indipendentemente dalle loro giovani carriere. Due spettacoli, Perché non ballate, e Alla luce, rispettivamente di: Gabriele Di Luca autore di Thanks for Vaselina, Carrozzeria Orfeo (miglior spettacolo dell’anno per KLP, 2013) https://www.youtube.com/watch?v=w44F3-nXh8g , e Michele Santeramo autore di La rivincita (premio Riccione 2011) https://www.youtube.com/watch?v=7DCB2NPNzd4 e Il Guaritore https://www.youtube.com/watch?v=IUgkKRAiTYI .
Perché non ballate? di Gabriele Di Luca, diretto da Anna Stgsgaard, propone i grandi dilemmi della vita. Racconta la difficoltà del vivere per l’istante che fugge, per il qui e ora «perché domani qualunque cosa accada non saremo più qui»; la vita come compagna d’amore e di dolore, di delusioni, di amarezze e rimpianti. La vita che ci descrive Raymond Carver nei suoi testi, che hanno ispirato la drammaturgia dello spettacolo. Una tela tessuta con gli estratti letterari dell’autore americano che delineano personaggi scontenti, nervosi, annoiati, incastrati nei loro meccanismi, e nelle loro inquietudini, che non sanno reagire, e non riescono ad accontentarsi di quello che hanno. Li vediamo spettatori della loro esistenza, infelici e impotenti.
L’insicurezza, l’impotenza, la paura della morte, e la solitudine sono gli argomenti chiave di Perché non ballate?che prende il nome da un racconto di Carver (traccia sulla quale si sviluppa la messa in scena) che ha già ispirato Antonio Panzuto e Alessandro Tognon per la performance-installazione al palazzo Zuckermann di Padova (2008), dalla quale è possibile che Di Luca sia stato ispirato.
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Il Perché non ballate? di Anna Stigsgaard è un lavoro riuscito sopratutto perché arriva dritto allo spettatore. I quadri scenici sono costruiti pensando al cinema, presente anche nell’ultimo lavoro di De Luca, appunto Thanks for Vaselina. L’atmosfera che avvolge lo spettacolo è quella dei sogni che svaniscono nei ricordi, i quali s’interrompono con il ritorno improvviso alla realtà, viva, monotona e soffocante propria della contemporanea società liquida incastrata fra i ritmi troppo sostenuti di lavoro, famiglia e problemi irrisolti, e in cui il vivere resta in attesa. Tra ironia e tensione, malinconia struggente, e poesia Perché non ballate? tratta in maniera blanda il tema dall’eutanasia «Ho bisogno di sapere che lo farai. Ho bisogno di sapere che quando sarà il momento mi staccherai la spina»; la difficoltà di elaborare il lutto, la solitudine, l’insoddisfazione e il falso mito della speranza di un futuro migliore, dietro al quale avvolte ci si nasconde per non affrontare il presente.
Alla Luce di Michele Santeramo con la regia di Roberto Bacci affronta anche esso il vivere quotidiano da un punto di vista interiore, ci mette davanti allo specchio delle nostre emozioni, siamo veramente come crediamo di essere? Siamo giusti? Crediamo in tutti quei nobili ideali e nel rispetto per gli altri, in quell’etica di comportamento che riempie i nostri discorsi nei caffè?Bacci chiede a Santeramo di scrivergli un testo che insegni anzitutto qualcosa a loro stessi. Un’urgenza di sapere ha spinto in avanti questo spettacolo, in cui affiorano le incoerenze e le fragilità degli esseri umani: «viviamo infatti costantemente nell’immaginazione di essere produttori di bontà e giustizia, incapaci di riconoscere a noi le piccole o grandi emozioni negative che percepiamo o che imponiamo agli altri ed a cui siamo, in realtà, perennemente attaccati», dice Bacci.
I protagonisti di Alla luce sono cechi, e non solo in senso fisico, i quattro protagonisti non vedono al di là di se stessi, vivono nell’oscurità della confusione delle loro vite sciagurate, dove vedere significa la conquista della normalità, ma anche confrontarsi con se stessi e con il giudizio degli altri, ossia fissare gli occhi di chi vede e sa.
Nell’oscurità di una stanza chiusa si svolge un gioco a carte dove il controllo delle emozioni è la regola che assicura la vittoria. I sentimenti di prevaricazione, tradimento, paura, violenza, crudeltà, e rivalità verso gli altri sono ciò che non permette di vedere la luce che, secondo Michele Santeramo, è l’equilibrio e la serenità di accettare le proprie vite.
L’uomo è al centro della drammaturgia contemporanea, con i suoi dubbi, e la sua miseria interiore da cui fuoriesce la parte peggiore. I personaggi di entrambe le messe in scene sembrano incarnare l’uomo medio occidentale, pronto a credere nella speranza come possibilità di salvezza: un futuro roseo in una casa nuova, in un altro quartiere in Perché non ballate?; la vista che schiarisce i dubbi di Mario in Alla luce «devo vedere per poter giudicare». Nei drammi di questi giovani autori i personaggi sono alla ricerca continua di una stabilità interiore, sono tormentati come gli uomini di oggi e di ieri; assomigliano a noi per il linguaggio ordinario (spesso ricco di espressioni grossolane) per l’impazienza, per l’egoismo, e per la sfiducia che hanno l’uno nell’altro. Attraverso l’arte i nuovi autori restituiscono uno squarcio del presente ma non si fermano ad esso. Sia Di Luca che Santeramo muovono i loro personaggi verso una soluzione, che appare latente dietro il surreale dalla messa in scena, come il gioco a carte, i sogni e i ricordi, in cui il tempo si arresta e tutto appare sospeso per poi esplodere in una catarsi di sensazioni ed emozioni che avvolge il pubblico. Non c’è soluzione finale; questa nuova drammaturgia invita a riflettere gli spettatori che sono, così, parte dello spettacolo, e cercano d’imparare qualcosa da un teatro che torna a porre l’antitesi tra l’ideale nobile e il suo modificarsi nella realtà del quotidiano . L’opera d’arte è un po’ come un gioco: si vince se alla sua fruizione si acquista una nuova conoscenza sul nostro vivere e il nostro modo di essere.
«Spero restituisca, con leggerezza, un po’ delle cose che ho imparato scrivendolo». Michele Santeramo
PERCHÉ NON BALLATE?
liberamente ispirato a racconti e poesie di Raymond Carver
drammaturgia Gabriele Di Luca | regia Anna Stigsgaard
con Michele Altamura, Roberto Capaldo, Catia Caramia, Silvia Tufano
Compagnia Laboratorio di Pontedera
ALLA LUCE
drammaturgia Michele Santeramo
regia Roberto Bacci
con Sebastian Barbalan, Michele Cipriani, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Tazio Torrini