I Rubacava Sessions sono una band romana che suonano un inedito (almeno in Italia) roots-rock di matrice americana capace di assimilare in ugual misura country, blues, tex-mex, surf-rock e garage rock filtrandolo attraverso un’enorme sensibilità autoriale che permette a questa band di 6 elementi di rilasciare una personalissima e suggestiva versione di spaghetti-western. Il gruppo si è formata nel 2012, inizialmente come duo acustico comprendente Carlo Mazzoli (chitarra a 12 corde) e J. Giovannercole (banjo). Il gruppo ha fatto la sua gavetta esibendosi nei club capitolini e in piccoli festival regionali (praticamente come i loro emuli statunitensi!) finché nell’estate del 2013 la band ha assunto l’attuale forma accogliendo il bassista Rocco Pascale, il batterista Alberto Croce e in un secondo momento Michele Focareta alla fisarmonica e Leonardo Olivelli alla tromba.
Soprattutto questi due ultimi musicisti hanno spinto la band ad avventurarsi coraggiosamente tanto nelle terre del rock desertico che in quelle del folk psichedelico. Dopo aver partecipato nell’agosto 2014 al Subiaco Rock blues festival per entrare agli inizi del 2015 in studio a Ravenna per registrare il loro album d’esordio No Middle Ground, che esce quasi un anno dopo (il 15 dicembre ’15) per la Lostunes Records prodotto da Francesco Giampaoli e con la consulenza di Antonio Gramentieri (entrambi membri dei Sacri Cuori). L’album è un complesso excursus che rievoca grazie all’enorme abilità strumentale dei componenti sia l’immota maestà dei deserti americani carichi di sole e di tempo sia le ninnenanne minimaliste del Paisley Underground ma immergendo tutto quanto in atmosfere brumose e spettrali degne di un film noir. Esempi di questo paradigma sono l’iniziale Adios Greytown che si muove spettrale fra tex mex e jazz da cocktail Lounge, la più scheletrica Skeleton Song e soprattutto la rivisitazione della celeberrima colonna sonora di Per Un Pugno Di Dollari. L’amore per il genere cinematografico ritorna nel western di frontiera di Electric Horse e in quello più decadente alla Lou Reed di Shaman’s Remedy.
In alternativa i tex mex alla Calexico di Western Psichedelico e quello più sterminato di Rope Of Sound così come i boogie blues di Rubacava Blues e della title track (luccicante nel suo arrangiamento zoppicante) sono brani capaci di gettare un improbabile ponte fra la generazione romantica di Duane Eddy e quella più nichilista dei Palace Brothers. La ballata desertica alla Giant Sand di We Have Come This Far il jazz psichedelico di Major’s Last Stand sono infine brani più lenti e languidi, ineffabili deliqui sospesi in un mondo astratto e onirico. Il sound dei Rubacava Session atmosferico, intenso e ipnotico indulge spesso a un formalismo manieristico ma interpreta molto lucidamente il revival roots-rock come analisi semiotica di una civiltà dei segni, coniando una nuova grammatica psichedelica che riprende la teoria della dilatazione della coscienza là dove venne interrotta alla fine degli anni Sessanta
di Alfredo Cristallo