IL PINGUINO IMPERATORE Domeniche Alla Periferia Dell’Impero

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Il Pinguino Imperatore sono i Pere Ubu italiani. Quanto meno gli epigoni italiani dei Pere Ubu. Provenienti da Cannara in provincia di Perugia, i Pinguini si sono formati nel 2012 con una formazione a 5 elementi comprendente i 2 chitarristi Mattia Genovesi e Stefano Fi Vitali, la sezione ritmica formata da Matteo Eleuteri (batteria) e Giacomo Piermatti (basso) più il vulcanico e acrobatico cantante Narciso Arasce Ottaviucci. Il gruppo esordisce con un EP Seafood Chicken nel 2013 seguito subito dopo dal loro primo omonimo LP che è stato portato in tour per l’Italia in una serie di concerti dove elettricità, teatralità e intensità espressiva hanno positivamente sorpreso pubblico e critica: il gruppo è stato infatti finalista del Pistoia Blues Festival 2015, vincitore dei festival MusicAle 2014, European Social Sound 2015 e Factory Live Contest Calenzano 2015, oltre ad aver partecipato ai festival Ne Pas Couvrir, Riverock e Roccaling e ad aver condiviso il palco coi Mariposa, Pan Del Diavolo, Bugo, Management Del Dolore Post-Operatorio, 99 Posse e Antiplastik. Il loro nuovo LP Domeniche Alla Periferia Dell’Impero uscito all’inizio d’aprile 2016 per l’etichetta Stormy Weather e anticipato dal singolo (con annesso videoclip) La Barba. Come già detto prima i Pinguini possono ragionevolmente ambire a rappresentare grazie al loro sound avanguardistico e sperimentale una variante dei mitici Pere Ubu.

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In effetti dal punto di vista della sintassi musicale Il Pinguino Imperatore rovescia la componente psicotica e malinconica del gruppo di Cleveland e la sostituisce con un’irriverenza che a prima vista può sembrare gioiosa ma non è in fondo meno nevrotica. Intanto l’obiettivo concettuale è lo stesso, descrivere le convulsioni psicologiche dell’individuo medio e dar voce ai traumi delle vittime della società post-industriale e post-ideologica. Che questo venga fatto attraverso il mezzo dell’ironia e della vivacità isterica anziché attraverso l’austera malinconia degli Ubu rappresenta soltanto un’altra modalità d’inscenare il senso di alienazione e di frustrazione di una società che si avvia al collasso. Tanto per cominciare l’espressionismo istrionesco di Ottaviucci è un altra modalità di mettere in scena le pulsioni paranoiche e i fantasmi interiori che furono di David Thomas: e la dimensione teatrale prescelta è simile, in Ottaviucci prevale il lato sarcastico dove in Thomas prevaleva quella più tormentata. Uguali rimangono l’uso dissonante della strumentazione, la preferenza per stili vibranti come l’hard rock (La Meccanotecnica, lo scalpiccio psicotico di Xares) e il garage rock (la filastrocca demenziale di Iononsonosincronico) per quanto massacrato da bizzarrie armoniche e ritmiche (Mediterranea che innesta su un tema demente di hard rock una serie di yodel eterei). D’altra parte brani guida come La Barba (non a caso scelto come singolo) e la finale Cul De Sac sono quanto di più vicino alla “modern dance” grottesca, fatalista e rassegnata sia stata tentata negli ultimi anni. Negli altri brani la band si diverte ad affrescare la propria visione del mondo, divagando liberamente fra un art-rock a metà fra psichedelia e teatro brechtiano (Come La Notte), un cantautorato a tempi dispari deturpato da scariche di violenza brada che supportano le acrobazie vocali di Ottaviucci (Ulrike), uno shoegazer che parte con un delicato arpeggio di chitarra acustica e poi si scopre via più violento su un giro di basso prima jazzcore e poi pop (Nemmeno La Tua Idea) e la ballata pseudo pop di Cenni A Chinaski fra scudisciate di chitarra e folate di synth. Domeniche Alla Periferia Dell’Impero è una felice commistione fra orgogliose prese di posizioni filosofiche e substrati di intelligibilità: al coraggio compositivo corrisponde una magistrale profondità delle liriche. Il nonsense dichiarato, il ritmo estenuante, primitivo, esagitato, le dissonanze armoniche sono un archetipo di montaggio sonoro che enfatizza (non banalizza) sia pure attraverso il riso della disperazione il clima di disperazione incombente. Da anni non si ascoltava un lavoro così eclettico e così ricco di costrutti e parole nascoste. E così suscettibile di generare variegate interpretazioni.

di Alfredo Cristallo

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