Le 5:00. Tom sembrava avere un appuntamento fisso con quell’ ora. Ogni giorno con puntualità svizzera, Tom prendeva la strada del ritorno. Aveva l’ andatura stanca e incerta di chi dormiva poco ed era sbronzo. L’ alba era dietro l’angolo e il lungo viale deserto, qualcuno usciva di casa per andare a lavoro.
Il panificio all’ angolo era in piena attività. Dalla porta semichiusa uscivano odori invitanti di dolci golosità. Tom guardava con la coda dell’ occhio quei piccoli segni di risveglio, mentre accendeva per l’ ennesima volta la cicca che ad ogni tiro si spegneva.
La brezza mattutina era elettrizzante.Ogni alba era diversa per Tom, che ne aveva viste tante ultimamente. Da quando Doroty era andata via di casa, stanca di una routine che aveva preso il sopravvento e dei soldi che non bastavano mai.
Tom aveva accettato la cosa, sperando che arrivassero giorni migliori. Nel frattempo passava le giornate a giocare a carte e a ciondolare da un locale all’ altro, brindando ogni volta con un amico sconosciuto e inventando ogni sera una storia diversa sul suo conto. Un giorno era un professore universitario, un altro un compositore di jingle per pubblicità più svariate. Altre volte un postino o un parrucchiere di vip non meglio definiti.
A Tom piaceva la reazione che la gente aveva quando lui raccontava della propria ipotetica vita, edulcorata per ogni occasione con aneddoti bizzarri quanto a volte assurdi. Ma a quanto pare Tom era molto convincente e tutti rimanevano concentrati mentre lui raccontava storie di una vita probabilmente vissuta da altri…
Quando finalmente arrivava a casa, Tom si gettava sul primo giaciglio che trovava. Il divano o il letto sfatto da giorni. Senza Doroty la casa era disordinata e impolverata ma Tom sembrava non farci caso…
Quel divano di velluto rosso era dannatamente caldo per quel periodo e del resto anche il letto non era da meno. Quella casa diventava un maledetto forno nel periodo estivo e Tom ogni anno soffriva di più.
Il ventilatore sembrava faticare non poco cercando di smuovere quell’aria ferma. A destra e a sinistra cigolando di tanto in tanto.
La testa di Tom girava, in un giro vorticoso di pensieri, che in quella stanza, con le serrande semichiuse per celare la luce estiva della mattina, prendevano le strane sembianze gommose e pressanti di fantomatici demoni che facevano inevitabilmente sudare Tom.
Le parole di Doroty andavano in loop nella testa di Tom. Quasi la vedeva, con le valige in mano vicino all’uscio di casa che ripeteva con la sua solita aria pacata ma decisa: “Tom io vado via, non ce la faccio più a vivere così. È una vita buttata e senza senso. Voglio andare via, lontano, lasciare tutto compreso questo misero posto. Tu non ti senti impazzire? “. Chiudeva così, mentre Tom stava impassibile ad ascoltare, col bicchiere di soda e gin in una mano e il telecomando nell’altra. Tom sapeva che Doroty diceva la verità, che quella vita faceva davvero schifo ma lui non sapeva cosa dire in quei momenti e faceva finta che andasse tutto bene. ..Era proprio l’immagine di Doroty che andava via, a farlo svegliare di botto da quel sonno che a fatica era appena arrivato. Andava dritto in frigo, beveva dell’acqua e poi si versava il caffè della sera prima in un dito di latte…
Le 5:00. Tom sembrava avere un appuntamento fisso con quell’ora. Con l’andatura stanca di chi era sbronzo e assonnato, Tom prese il primo bus che andava all’aeroporto. L’aereo partiva alle 7. Tom con la cicca che continuamente si spegneva guardava dal finestrino un altro giorno che iniziava, pensando a Doroty e alla sue parole.
Accennando un sorriso si lasciava dietro tutto, pronto ad iniziare una nuova vita e magari poterla raccontare. Così come tante volte aveva fatto in quelle notti di sbronze, raccontando al tipo di turno l’ennesima fandonia mentre vestiva i panni di qualche altro.
Sisco