La Classica Orchestra Afrobeat è un ensemble di 13 musicisti di formazione classica (e più
specificamente barocca) e popolare. Marco Zanotti che la dirige (e vi suona una pletora di
strumenti a percussione) li ha orientati verso un territorio di confine che mescola strumentazione
(archi, fiati, piano, legni, clavicembalo) e sonorità della musica colta europea con le percussioni, i
canti e le poliritmie africane. Il gruppo si formò nel 2010 e pubblicò l’anno successivo il suo disco
d’esordio, intitolato Shrine On You, un omaggio al grande Fela Kuti con la partecipazione del figlio
Seun Kuti. Questo splendido lavoro ricevette critiche talmente entusiastiche in Italia e all’estero
che il gruppo venne invitato nel 2013 al festival di Glastonbury in Gran Bretagna (prima e unica
band italiana invitata al prestigioso festival) e nel 2014 al festival di RadioR3 a Perugia. Hanno fatto
anche ottimi concerti in Piazza del Duomo a Milano, alle terme di Caracalla, alla New Empowering
Church di Londra. Sempre nel 2014 uscì il secondo LP Regard Sur Le Passe un ambiziosa opera
epica sull’ultimo grande imperatore africano Almamy Samoury Toure dell’impero Wassoulou,
erede del secolare impero del Mali, che alla fine del XIX secolo si oppose eroicamente alla
colonizzazione francese. Questo disco fu registrato live all’auditorium Alighieri di Ravenna con la
partecipazione di due grandi griot africani Sekouba Bambino e Baba Sissoko. Dal 2016 l’orchestra
ha intrapreso i lavori per la pubblicazione di un terzo album che ha visto la luce il 27 aprile del
2017 col titolo di Polyphonie. Questo LP, di chiara impronta etno-world celebra il respiro della
natura e i canti millenari della foresta vergine. Nello stesso tempo attraverso un originale
rimescolamento degli impulsi istintivi e primordiali della musica africana e le istanze razionali della
musica classica europea si muove alla ricerca di quel timbro e quella melodia misteriosa e arcaica
che da sola vale più di qualsiasi sinfonia, in quanto è capace di risuonare echeggiando la vicenda
storico-antropologica dell’intera condizione umana. Questo sound che esalta con facilità inaudita
ll’aspetto spirituale della musica è la piattaforma su cui si muovono i 12 brani dell’album, ognuno
portatore di un’istanza musicale appartenente alla tradizione classica, al jazz, alla fusion e al
minimalismo, ognuno perforato e rivisitato nell’ottica della dinamica poliritmica della musica
africana. Si assiste così al perfetto connubio dei due filoni nei brani più etno-world come Lo Spirito
Della Foresta per percussioni e fiati sparuti che si evolve in crescendo per contrapposizioni e stop
and go ritmici, nell’etno-beat serpeggiante sovrapposto a un tema medievale di Nyumba, nella
world music per percussioni e pizzicato d’archi di La Marcia Su Algeri, in Zora Zora nobilitato da un
magnifico assolo di cornetta. Più trascendenti e quasi metafisiche sono l’astratta meditazione di
Classica per archi, chitarra acustica e basso che vede gli strumenti inserirsi a poco a poco in una
melodia circolare e ancora nello splendido minimalismo per marimba e voce solista del
camerunense Njamy Sitson (ospite d’eccezione dell’album) di Balakairos. Sitson si ripete ancora in
modo grandioso nell’incantevole Ninna Nanna Per Un Fiore e nella polifonia vocale di Makombe.
Più vicine alla sensibilità europea sono lo scherzo barocco di Neve che si tramuta in un jazz rock
alla Weather Report e la jazz fusion di Pensieri Utili. L’aspetto gioioso dell’opera risiede nella
sarabanda per marimba, oboe e clarinetto su tema romantico di Jouer Pour La Terre e nel gran
finale di Tchubi-O per oboe e percussioni. Tutti gli strumentisti sono eccezionali. La produzione
affidata allo staff di Brutture Moderne è magnificamente calibrato. Polyphonie è un album
splendido.
di Alfredo Cristallo