MATTEO BENNICI Solum

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Matteo Bennici, nato a Firenze nel 1978, è un compositore e sound designer d’ avanguardia. Vive a Milano dove ha il suo studio di registrazione e gli strumenti suonati sono il violoncello (lo strumento principale), il basso elettrico, il contrabbasso; si avvale altresì del computer programming per i suoi lavori. Il curriculum dei suoi lavori è quasi infinito. E’ stato co-fondatore delle band Squarcicatrici, Motociclica Tellacci, Tsigoti, Cryogen e Lubuaku. E’ stato ospite nei tour del 2015 dei Fine Before You Came (è presente anche nel live tratto dal tour), Le Luci Della Centrale Elettrica, Dargen D’Amico, Il Teatro Degli Orrori, Marnero, Sylvia e in quelli del 2006 di Tanakh e Traumfabrik. Ha suonato nei dischi di Marnero, Hate &Merda, Alberto Boccardi, Millelemmi, Roberto Fega, Carolina Da Siena e Inner Scent. Da oltre 15 anni si occupa di colonne sonore e sound design per cinema, teatro, danza ed arti visive; tra l’altro ha composto le musiche per il cortometraggio Racconto Di Guerra di Mario Amura che ha vinto il David di Donatello nel 2003. Dal 2011 porta avanti il progetto Shestaya in cui sonorizza dal vivo con violoncello ed elettronica i fim muti di Dziga Vertov.

Con questi lavori ha partecipato nei festival italiani di settore roBOts, Elita DWF, Fabbrica Europa, LCF, Greentech. La sua discografia solista comprende il singolo Come Closer e l’EP Progetto Hebi soundtrack dell’omonimo film nel 2014, l’EP Sider del 2016 e il primo full lenght LP Solum uscito il 18 Dicembre 2018. Con questi background alle spalle non è affatto sorprendente che Solum sia una sintesi bionica fra musica classica, post rock, estetiche psichedeliche e barocche, trance orientaleggiante genialmente accoppiate a melodie trans globali e ad elementi retrò. Bennici assortisce questi elementi con arrangiamenti sofisticati spesso con l’aiuto di software che facilitano la creazione di loops e sequenze soniche che mirano spezzettare i brani in una serie di sub-canzoni, frammenti autonomi che uniti hanno un forte impatto emozionale e narrativo (spesso al limite dell’estetizzante). Tuttavia si tratta comunque di sequenze logiche dove ogni frammento si intona con l’altro e prepara il successivo. Per quanto Il tono generale della musica sia spesso austero ed ordinato e l’uso della strumentazione abbia un vago sentore di artificiale, la struttura della forma canzone (sia che appartenga alla tradizione occidentale che a quella orientale) è mantenuta nella maggior parte dei casi: le eccezioni sono forse On !, un post rock frastagliato per synth e archi che decostruisce la struttura con eccentricità art rock e le astratte trance meditative di Deriva ed Hebi che scollinano verso i Godspeed You ! Black Emperor più visionari e ambientali. Per il resto le forme classicheggianti fanno da cornice a volte a semplici trip hop inzeppati di sottigliezze subliminali (Riot Song) o incrociate con percussioni volutamente fratturate e scomponibili che trasmettono una sensazione di urgenza (Sider), a volte a incantevoli folk pop appalachiani alla Fleet Foxes e a riedizioni dei salmi mediorientali intrisi di spiritualità come Repetita (solenne e arcana) e Electio (cadenzata e tribale). Gli esperimenti più compositi sono forse Fitzgerald una sonata romantica decadente per piano e violoncello in cui si concentrano (in meno di 2 minuti) sensazioni plastiche di attesa e timore e la title-track che accosta un inizio minimalista alla Nyman e si evolve poi in una teatrale cavalcata valpurgica degna dei Bauhaus più tormentati. Per la quantità degli spunti questo album non sfigura certamente a confronto di tutti i dischi di avantgarde degli ultimi 6 anni (e non parlo solo dell’Italia). L’album, interamente strumentale, è stato composto, realizzato e prodott da Matteo Bennici. L’artwork e le fotografie sono di Alessandro Baldoni e Stefania Meschina.

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