Il bar offriva asilo agli esuli scampati dalla transumanza estiva, e quella manciata di disperati, doveva esprimersi in italiano per farsi capire dalla banconista dai tratti asiatici.
Eravamo comodamente seduti sotto la veranda ombreggiata da nuvole di passaggio, quando, tra un sorso e l’altro di thè con ghiaccio, il mio solito amico di tavolino ruppe il silenzio e cercò di spiegare cosa per lui significasse “Libero Arbitrio”. Così nacque una intensa discussione; egli sosteneva le sue idee con un semplice esempio «Pensa di essere il conduttore della tua auto, questa per farla funzionare ha bisogno del gommista, del benzinaio, del meccanico, del carrozziere e dell’assicuratore; tutti collaborano per farla funzionare e con questa vettura, la tua, sei libero di andare ovunque tu voglia». Mi sarei aspettato un esordio più profondo, avevo dunque formulato le mie osservazioni «Tu sei solo il conducente, sarà vero che una volta pronta l’auto, tu potrai andare dove ti pare, ma il veicolo in questione non l’hai costruito con le tue stesse mani; se fori non sei tu a cambiare la gomma; prima di rimanere a secco, vai dal benzinaio che eroga le proposte delle multinazionali del petrolio e non sei tu a decidere la tipologia di carburante; a torto o ragione, le assicurazioni cercano di non pagare i sinistri stradali.» Finito di bere, l’amico sentenziò «Ma tu! Come fai a essere così pessimista!» Da buon pessimista potei aggiungere «E le strade? Dobbiamo metterci anche lo stradino, colui che fa le strade e queste» indicai l’intersezione delle due strade prospicienti al bar «ad una prima analisi, sono bidirezionali, ma una volta immesso nel traffico, sei costretto a seguire il flusso unidirezionale, e devi soggiacere alle condizioni stradali per raggiungere la tua destinazione. Ti ricordi quegli incroci regolamentati dai semafori? Non potevi farci inversione a “U” per tornare indietro; adesso le rotonde, t’offrono la possibilità di ritornare sui propri passi per imboccare quella strada secondaria, che avevi notato all’andata e che tutti evitano perché la strada più battuta è sempre la migliore. Quella piccola strada non è lì a caso, è stata creata per quelli che pensano di deviare dal percorso prestabilito. È come se vivessimo in un algoritmo complesso, dove le costanti rappresentano la quotidianità, mentre le variabili assumono valori compresi in un insieme di possibilità, come ad esempio la strada secondaria e la rotonda. Tutto calcolato!». Mi sarebbe piaciuto registrare questa nostra conversazione e visualizzare le due forze psichiche in campo confrontarsi in una lotta epica; mi sarebbe piaciuto scrivere questo articolo a quattro mani, ma non è stato possibile e così ora prenderà una piega diversa. Mi sarebbe piaciuto dirgli tante altre cose che in quel momento non presero forma, e che cercherò di esporle qualche rigo più sotto.
Furente, l’amico filosofo, si alzò di scatto e a capo chino sgambettò verso l’auto per andarsene dove gli pareva, entro confini stabiliti dalla carreggiata e da quanta benzina aveva il serbatoio.
Mi sarebbe piaciuto dirgli questo «Quando decidi di concepire un figlio, si direbbe sulle prime impressioni di dare vita ad una entità microscopica, la quale dovrà affrontare le incommensurabili vie delle probabilità e tra milioni di esse raggiungerà la fine e l’inizio di un nuovo processo vitale, nel quale tu non potrai intervenire, pertanto non ti resta altro che aspettare il naturale processo uterino. Nell’attesa del parto, stai cercando di dare un significato alla futura creatura e la sequenza alfabetica sensata sarà condizionata dal tuo grado culturale, dalle tue convinzioni religiose, e dal senso di appartenenza alla famiglia. Alla fine, il ventaglio di possibilità si ridurrà ad un nome soltanto. In Breve, tu hai avuto la libertà decisionale di fare o non fare quel mezzo passo verso l’apparente incognita a tre; l’altro mezzo passo lo ha fatto chi è sceso a compromessi divenendo l’altra tua metà. Focalizziamo l’attenzione sull’ipotetico figlio, il frutto di due metà riunite. Si dice che l’uomo, inteso come maschio, sia il portatore del cromosoma “X” femminile, ma è la donna, nella sua beata inconsapevolezza a determinarne il sesso. Mettiamo il caso sia nato maschio, e come accennato precedentemente tu l’abbia messo a nome (…), lo stesso di tuo nonno, perché le tradizioni in famiglia vogliono che ci sia una certa continuità nel ricordare al futuro quel legame che lo mantiene ancorato al passato, non solo, quel nome lo inserisce in un preciso contesto storico, geografico e religioso, poiché magari è anche patrono del tuo piccolo paese, dove lo dovrai obbligatoriamente registrare all’ufficio anagrafe, donando tuo figlio allo Stato e finché vita avrà, sarà semplicemente un codice alfanumerico. Non appena si affaccerà nel mondo scolastico, il fisco gli donerà una cartella, al suo interno non vi troverà libri e quaderni, bensì dei debiti da pagare. In sostanza, hai inserito tuo figlio in una rete stradale abbastanza ramificata da essere illuso di avere il pieno controllo sul proprio Libero Arbitrio!
Ma questo Libero Arbitrio è vincolato nei codici impressi nella mappa genetica, ed essi sono costantemente riprogrammabili da una serie di azioni, parole e pensieri espressi nel passato e nel presente, tanto da influenzare i comportamenti futuri dell’individuo, e comunque la componente casuale produce effetti diversi a seconda del luogo e del periodo di sedimentazione della propria immagine, anche se i parametri iniziali sono gli stessi. C’è sempre da ricordare una cosa molto importante: gli algoritmi applicati falsano le condizioni in cui agiscono le libertà individuali!». Il ghiaccio nel bicchiere si era sciolto già da un pezzo. Tanto valeva pagare il conto e andarsene a fare un giro per le stradine secondarie. Dissi alla banconista «Xièxiè» e me ne andai.
Le strade alternative non sempre sono delle scorciatoie, le preferisco perché offrono a chi le percorre un paesaggio agreste quieto e morbido; la sinuosa linea grigia sfuma nei colori della natura domata da un uomo arrendevole; siamo invitati al rispetto del silenzio, affinché si possa ascoltare il vento pettinato dal grano trebbiato o del maggese in fiore e gli odori erbacei risvegliano quei sensi sopiti dal grigiore urbano. Diventano più vividi i colori se l’acuto olfatto è pronto agli odori della campagna, e gli alterni suoni confermano quanto possiamo ricevere nell’attraversare paesaggi sospetti. Ma con l’approssimarsi di binari morti e dimenticati, dell’attrito delle ruote con l’asfalto sopra, e sotto discariche abusive e recidive, un moto di stizza mi pervade, presagendomi l’inevitabile immissione nell’incessante flusso del traffico, carico di ignoranza e rumori vuoti. Qualcosa di inaspettato appare, dei dissuasori tipo New Jersey, lungo la striscia di mezzeria discontinua e l’obbligo di svoltare a destra, sono segnali inconfutabili, che il Libero Arbitrio viene costantemente manipolato da “entità” al di sopra di noi, e solo pochi “eletti” possono raggiungere la privilegiata condizione di colui che sa e può intervenire sul proprio percorso…
Francesco Matteoli
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