Dunk è un nuovo supergruppo nato dall’incontro tra i fratelli Ettore (voce, chitarra acustica) e
Marco Giuradei (tastiere, fisarmonica, percusiioni) e Luca Ferrari (batterista dei Verdena), Carmelo Pipitone (voce e chitarra dei Marta Sui Tubi e degli O.R.K.). Con questi fondamentali alle spalle la musica del nuovo gruppo nasce dall’incontro fra le liriche di Ettore Giuradei, dal power pop del precedente gruppo dei fratelli Giuradei (che si chiamava esattamente come loro), il grunge ruvido e tenebroso dei Verdena e il virtuosismo minimale e allo stesso tempo maestoso dei Marta Sui Tubi. Come a dire che il nuovo gruppo può contare sulla sommatoria delle precedenti esperienze dei vari musicisti intenti però a dare vita a nuove forme sonore (psichedelia più power pop più etereo folk acustico) che colorano i loro brani con un sound compatto e corposo e contemporaneamente livido e ostile. Il loro primo album che s’intitola Dunk esce per la Woodworm il 12 gennaio 2018 ed è intenzionato a proporre un nuovo standard nell’indie italiano.
L’obiettivo è quello di creare un sound fiammeggiante, tormentato, denso di progressioni armoniche, primordiale e improvvisamente invece delicato ed etereo per aumentare il grado di orecchiabilità e allo stesso tempo di suspence primordiale. Secondo questo programma, l’album può iniziare con l’elegia acustica di Intro per esplodere col power pop muscolare e sferragliante (al limite del garage) di Avevo Voglia, può dipanarsi fra l’energia esplosiva di E’ Altro (il primo singolo estratto dall’album) e Amore Un’Altra oppure aprirsi a più vasti panorami nello strimpellio frenetico di Noi Non Ci Siamo (chiaramente parente della lezione dei CSI) o con la psichedelia stanca e trasognata di Mila.
Ma i Dunk sono capaci andare anche oltre. Ne fa fede la maestria tecnica dispiegata nel freak beat alla Small Faces di Spino che affoga finalmente in un vortice elettronico o il prog rock di Stradina con geniale sottolineature di piano jazzato.
Dall’altra parte della barricata, l’album intenerisce con le vignette soavi e impressioniste di Ballata 1 e Ballata 2 che si sviluppano la prima in un incubo sonoro rutilante e apocalittico e la seconda in un più tenero slo-core. Conclude Intermezzo macedonia di droni elettronici che si chiudono con 11 secondi di tenue sussurro. L’intercalare fra chitarra e tastiere sono la spina dorsale del sound ma la voce aggressiva di Ettore Giuradei e il battito tribale di Ferrari sono lì a (ri)plasmare tanto i pezzi più duri quanto quelli più morbidi. Pienezza sonora, luce abbagliante degli interventi strumentali sono parti di un programma che mira al cuore senza compromessi.
di Alfredo Cristallo