Mamuthones è il progetto solista di Alessio Gastaldello, batterista dei Jennifer Gentle, gruppo di punta del prog-rock italiano degli anni ‘00. Dopo aver lasciato il gruppo nel 2007 ed essere passato dalla batteria ai synth e alla voce, Gastaldello decise di dare libero sfogo alla sua passione per la musica esoterica e ritualistica-psichedelica sulle orme dei gruppi di kraut-rock, dei Pink Floyd più schizoidi e del free punk più oscuro degli anni Ottanta. Il suo primo album (in collaborazione con Fabio Orsi) fu un EP intitolato The First Born, uscito nel 2008.
Il primo LP accreditato al solo Gastaldello uscì l’anno dopo col titolo di Sator che presentava un sound ancora più cupo e teutonico orientato verso i magici rituali della paleo-cultura sarda e del più oscuro medioevo (Gastaldello è sardo d’origine e i Mamuthones sono maschere dei carnevali della Marmoiada); collaboravano al disco due ex Jennifer Gentle, Marco Fasolo (chitarra) e Isacco Maretto (basso) più il loro manager storico Marco Damiani (voce). Per supportare l’attività live fu ingaggiato lo stagionato batterista Maurizio Boldrin (64 anni) e i Mamuthones, assunta la forma di trio (con Fasolo alla chitarra, basso e piano) pubblicarono il loro terzo album Mamuthones (nel 2011) che li proiettò definitivamente come protagonisti della scena della psichedelia occulta italiana ed europea (con recensioni entusiastiche di Wire e del Times). Dopo la pubblicazione dell’EP More Alien Than The Aliens (2013), Fasolo se ne andò per riformare i Jennifer Gentle e Gastaldello assoldò Matteo Polato (chitarra) e Francesco Lovison (synth). La nuova line-up registrò uno split EP con gli Evil Blizzard intitolato Collision nel quale cominciarono ad esplorare i territori della world music. Con l’uscita di Boldrin e l’avvento del nuovo batterista Andrea Davi orientato verso i ritmi jazz e afrobeat, il gruppo ebbe modo di esplorare nuove textures armoniche ma sempre nel segno di una psichedelia tribale. La nuova line-up pubblicò nello stesso anno l’EP Symphony For The Devil due remix del classico dei Rolling Stones, Sympathy For The Devil ed entrò in studio per un nuovo album. Fear On The Corner esce il 23 febbraio 2018 per la Rocket Recordings. Il nuovo album serve innanzitutto a fare il punto sulle diverse influenze che concorrono a fare del sound psichedelico ed esoterico dei Mamuthones un idioma originale per il panorama musicale italiano, in quanto capace di accogliere nello stesso tempo il gotico orgiastico degli Amon Duul II, gli incroci atonali fra free-jazz acid-rock e musica etnica dei Can e l’ermetismo sconnesso e angoscioso dei Faust, innervandoli con dosi massicce dell’esotismo robotico dei 23 Skidoo, del funky meccanico degli A Certain Ratio e soprattutto con le massicce sovrapposizioni sonore dei Talking Heads (del periodo della collaborazione con Brian Eno) col risultato di offrire uno studio approfondito del ballabile moderno ma sempre sotto l’ala di un tribalismo ipnotico eretico e blasfemo (spesso ottenuto attraverso le manipolazioni elettroniche) che ne ritualizzi il senso generale di alienazione. La tavolozza sonora dei Mamuthones dà vita a una serie di quadretti astratti e vagamente disturbanti che partendo da semplici strutture ritmiche si arricchiscono via di parti elettroniche (a un passo dall’industrial) che sono le vere protagoniste di un sabba tribal-tecnologico che stupisce e affascina. La prima parte del disco è dominata dalle textures rette da soluzioni che esaltano i poliritmi più esotici; il funky di Cars, il boogie di Show Me denso di groove che si evolve fra un
piano lussureggiante in sottofondo e le dissonanze angosciate delle chitarre, il funky-dub della title-track, l’orgia di percussioni febbrili e di cori singhiozzanti falciate da schitarrate funky di The Wrong Side sono minuziose progressioni emotive verso la seconda parte che accentua il carattere ossessivo e sciamanico della loro musica. Non a caso la successiva Alone riprende la stessa ritmica per costruire un cupo incubo elettronico che si evolve in un lungo e sfiancante cerimoniale occulto. Simone Choule a un passo delle messe nere degenerate dei Faust e dall’industrial degradato e torbido degli Einsturzende Neubaten e la suite finale (quasi 10 minuti) di Here We Are, un altro tour de force di psichedelia rituale propulsa da un tribalismo primitivo e da droni spaziali di synth raffigurano perfettamente la loro filosofia monolitica dove passato e presente s’incontrano per descrivere una realtà sfuggente e dunque inconoscibile. I psicodrammi cupi ed ossessivi dei Mamuthones coniano una singolare forma di horror dance nelle quali il tribalismo ritmico, la psichedelia più acida e demoniaca e gli arrangiamenti elettronici servono ad accennare e suggerire tematiche ben più criptiche, spostando l’enfasi sui cerimoniali occulti che li presuppongono.
di Alfredo Cristallo