Giuliano Montaldo ha sempre fatto molta fatica a fare i suoi film perché ha scelto sempre personaggi rivoluzionari, amanti della verità ad ogni costo, come in L’Agnese va a morire o in Sacco e Vanzetti. Per Giordano Bruno è stato ancora più difficile perché ha dovuto fare molte ricerche. Per lui come per molti, Giordano Bruno era una statua in una piazza a Roma, ma una notte aveva visto un folto gruppo di giovani tutti intenti ad ascoltare un professore che appassionatamente raccontava la vita del filosofo. Era una scolaresca proveniente dalla Francia. Vergognatosi, perché non sapeva proprio niente di quel nostro illustre personaggio; ha scoperto che con grande passione aveva difeso la sua convinzione, che esistevano infiniti mondi. Quando dopo tante insistenze Carlo Ponti ha finanziato il suo film, gli si è aperto un altro dilemma: da dove cominciare? Da Napoli, dove aveva studiato nel convento dei domenicani (da lì le sue prime provocazioni, come togliere tutte le immagini sacre e lasciare solo Gesù); dalle corti di tutta Europa, dove consigliava i potenti ad usare la diplomazia invece delle armi; da Venezia, dove si era rifugiato dopo tante delusioni e tradimenti. Ha cominciato da qui, da Venezia. Giordano Bruno era ospite in casa di Giovanni Mocenigo, ma questi quando sente che predica contro i dogmi della religione Cattolica, spaventato lo denuncia all’Inquisizione. Durante il processo veneziano, dove si paventa per Giordano Bruno la condanna più terribile, il cardinale Bellarmino dice: “Attenzione, questo rogo rischia di bruciare in eterno”.
Le fatiche di Giuliano Montaldo sono state premiate dal successo, anche grazie a quel grande appassionato attore che è Gian Maria Volontè.
Cosa spaventava del pensiero di Giordano Bruno tanto da condannarlo al rogo ce lo spiega Giulio Giorello, cominciando dalla denuncia di Mocenigo e dagli atti del processo di Venezia, mentre del processo di Roma ci sono solo dei riassunti. Le accuse sono tutte gravissime: nega la verginità della Madonna, nega lo Spirito Santo considerato blasfemo, sostiene che Gesù è un personaggio tristo e comunque, a cominciare dagli apostoli, anche tutti quelli che son venuti dopo l’hanno tradito. Afferma che la Bibbia è un testo puramente umano e non può essere usato come un manuale di cosmologia e se c’è una religione che non può essere disprezzata è quella degli antichi egizi. Basterebbe uno solo di questi argomenti per finire sul rogo, figuriamoci tutti insieme. In più crede negli infiniti mondi, non solo pensa, come avrebbero creduto i sacerdoti sia cattolici che protestanti che Iddio avrebbe potuto creare infiniti mondi, ma che li abbia creati davvero! In numero innumerevole in un universo che è infinito.
In un universo che è infinito ovviamente la morale cambia perché ciascuno è centro a sé stesso. Ecco quindi una grande liberazione, un grande senso di autonomia, un messaggio che non è autoritario e ci insegna che noi non siamo creature particolarmente privilegiate, ma siamo una piccola parte di un tutto.
Ecco perché Giordano Bruno è stato scomodo per i calvinisti, per i luterani e per i cattolici, anche se all’inizio del soggiorno a Venezia dice che la religione cattolica gli “garba” più delle altre, perché il papa è un grande manipolatore della propaganda e tiene le moltitudini sotto controllo e quindi potrebbe lasciare alle persone intelligenti il privilegio di usare a piacimento il mondo della filosofia e della scienza; certo che se il papa avesse fatto così non era il caso di andarglielo a dire e di proclamarlo ai quattro venti, servendosi dell’arte della stampa; dunque paga anche questa ingenuità quando nel carcere di Venezia gli mettono accanto dei delatori che hanno il compito di riferire le sue bestemmie sulla Vergine o sulla Trinità, o pure che vorrebbe avere tante mogli come Maometto o amanti come Don Giovanni.
Quando fa buio e le tenebre entrano nella cella, Giordano Bruno si avvicina alla finestrella e dice ai compagni: “Vedete quella stella? È un sole proprio come il nostro con i suoi pianeti e forse anche lassù qualcuno vive!”
Alfonso M. Iacono, un filosofo dei nostri giorni, ci fa riflettere sul perché non solo la Chiesa Cattolica, ma anche altre religioni hanno paura della scienza, rievocando un passo della Divina Commedia, il cantico di Ulisse. Dante lo condanna all’Inferno perché è curioso, come pure Paolo e Francesca sono condannati per l’amore. La tradizione cristiana condanna la curiosità e l’amore perché sono due sentimenti che ricercano la conoscenza e perciò fanno scandalo. Certe religioni non tollerano la curiosità della conoscenza perché è rottura, è libertà di spezzare le consuetudini già instaurate, a un certo punto si considera anche la filosofia come rottura dei dogmi. Nella tradizione greca c’era più serenità: si considerava la filosofia un piacere, uno stupore per cui tutto quello che appariva ovvio si presentava meraviglioso e ci si poteva fare le grandi domande, anche di tipo scientifico. La tradizione religiosa questo lo rifiuta. La meraviglia deve essere un problema della contemplazione di Dio sicché in questo contesto la curiosità è condannata perché gli uomini non dovevano andare oltre se stessi e devono riconoscere i loro limiti. Il fatto che Dio concepisca la curiosità umana come una sfida alla sua onnipotenza, pone il problema dell’uomo che desidera innalzarsi al pari di Dio. Finché dal punto di vista teologico l’uomo non discute il potere di Dio va tutto bene, ma con la curiosità egli rompe i lacci e vuole partire verso la conoscenza della verità scientifica.
C’è un certo imbarazzo a riaprire il problema dell’onnipotenza di Dio. Dobbiamo prendere coscienza che la curiosità o l’amore non devono essere vissute come un senso di colpa, ma come un’attività di passione, e come passione erano vissute da Giordano Bruno, tali da non poterci rinunciare neanche davanti alla morte.
Se non si accetterà in piena coscienza questa passione, fra scienza e fede ci sarà sempre incompatibilità. Molti scienziati oggi sono preoccupati perché si vorrebbe una scienza subito fruibile e che renda dei risultati economici immediati, ma la ricerca scientifica non può essere sempre confortata dal successo immediato, le grandi scoperte hanno richiesto tanti tentativi e non sempre gratificanti.
Esporre la scienza come salvifica crea molta confusione che abbassa il livello critico del sapere scientifico, la filosofia consiste principalmente nel difendere il modo critico di approccio alla scienza. In questo senso va intesa la funzione della filosofia oggi per divulgare correttamente le ricerche scientifiche.
Giordano Bruno, regia di Giuliano Montaldo, con Gian Maria Volonté, colore, Italia, 1973, 114’.