I Jingles In Trouble nascono nel 2016 a Bergamo come duo acustico composto dalla cantante
Chicca Torlo e dal polistrumentista (ma essenzialmente chitarrista) Giulio Mastropietro. Hanno
fatto una lunga gavetta nei club della zona mettendosi in mostra per l’eccellente affiatamento fra voce e chitarra e per il tono delle loro composizioni che si spostano fra il mood gioioso e quello malinconico-nostalgico rivelando così le loro radici che sono essenzialmente blues. In realtà la Chicca Torlo è più che altro dotata di una tipica voce da cantante jazz ed è capace di unire la timbrica sofisticata e intensa di una Mary Margaret O’Hara (una delle più grandi e misconosciute cantautrici di tutti i tempi) con lo stile pacato e discreto della primissima Fiona Apple. A sua volta le capacità tecniche di Mastropietro ne fanno un chitarrista versatile capace di spaziare fra il country, il folk, il blues, il jazz e persino la musica medievale: le sue qualità sullo strumento e i suoi accordi tintinnanti e raffinati sono degni del miglior David Roback (lo storico chitarrista dei Rain Parade, degli Opal e dei Mazzy Star). Nel maggio del 2017, il duo è entrato negli studi della University of West London insieme al loro amico e tecnico del suono Giulio Corpino per registrare il loro disco d’esordio. Laggiù hanno collaborato con il Belgard String Quartet guidato dalla violinista slovena Katarina Kostrevc. Il disco, in EP di quattro pezzi intitolato semplicemente Jingles In Trouble ha visto la luce nel tardo Dicembre 2017 ed è arrivato in Italia agli inizi di quest’anno.
Benché la critica li abbia definiti un gruppo di jazz acustico, dei quattro brani solo uno, Hard Times è accostabile al jazz: ma con spruzzate di blues revival e pregevoli hook degni della Broadway anni Venti/Trenta. L’inizio dell’EP è invece affidato ad una On Another’s Sorrow che replica le ballate acustiche del miglior Neil Young con tanto di introduzione all’armonica. Il brano successivo Curiosity, una ballata dal sapore medievale suonata con la stessa capacità che avevano i Pentangle di accostare eclettismo tecnico al materiale tradizionale e arrangiata per chitarra, archi e scampanellii di carillon.
La chiusura è affidata a Gipsyland, una ballata che ricorda gli acquerelli impressionisti della Joni Mitchell più raffinata della metà degli anni Settanta (il periodo di Court And Spark) accoppiato alla psichedelia bucolica e idilliaca di Vashti Bunyan (altra grande e dimenticata artista del rock). L’intero lavoro è dominato dalla linearità, dalla pacatezza e da una serenità interiore che esalta il suo senso di bellezza distaccata e il fascino di un’impianto melodico che si scolpisce nella mente per la capacità di essere raccolto e come rappreso in un’immagine.
Quest’articolo è dedicato alla memoria del mio amico Isidoro (Isi), compagno di mille serate indimenticabili che ci ha lasciati troppo presto. Era una persona buona, gentile, disponibile e intelligente e aveva il raro dono dell’ironia. Per me e per i suoi amici è una perdita grande, grande.
Non lo dimenticheremo mai. R.I.P. grande Isi
di Alfredo Cristallo