Gli Enjoy The Void sono un gruppo campano (provengono tranne uno tutti da Sapri), formati nel 2015 però su impulso dall’unico non campano, il calabrese Sergio Bartolino (voce, tastiere,
elettronica).
Bartolino stese le linee principali del progetto che aveva in mente già nel 2014
durante un soggiorno a Manchester ma riuscì a metterle in pratica solo quando (re)incontrò il
bassista Tony Guerrieri (con cui aveva collaborato a Torino). In breve il progetto prende quota
quando al duo si aggiungono i tre chitarristi Lucio Filizola, Giuseppe Bruno e Giovanni Caruso più il batterista Francesco Magaldi. L’omonimo album d’esordio (totalmente autoprodotto), che viene pubblicato il 26 aprile 2018, testimoniano l’amore di Bertolino (autore di tutto il materiale e dei testi che sono cantati in inglese) per la black music soprattutto il blues, ma anche jazz e funky e per la contaminazione di stili. Seguendo il progetto di Bertolino di creare uno stile musicale che richiami tanti stili diversi ma senza assomigliare però a nessuno di essi, praticamente ogni brano dell’album si avvale di un’idea (musicale e testuale) e di un arrangiamento a sé stante.
Ogni brano testimonia il costante sforzo di adattare la propria matrice stilistica a un discorso più variegato e complesso capace di parlare di generi diversi ad ascoltatori che amano generi diversi. L’intreccio delle chitarre e l’uso sommesso e puntuale dell’elettronica aiutano nell’impresa creando licenze ritmiche e armoniche che ogni singolo musicista del gruppo (tecnicamente sono tutti bravissimi) maneggiano a perfezione rifuggendo comunque dal facile effettismo sonoro e dalla trappola dell’orecchiabilità; non casualmente il primo singolo del disco
Our Garden è un folk-rock appalachiano cioè un genere tipico della musica “bianca” all’interno di un album che sostanzialmente prende le mosse dalla musica “nera” a cominciare dalle parti vocali (Bertolino è un classico cantante nero di blues). Fin dall’inizio con The Most Sublime (un blues rallentato con tracce lisergiche), ogni prova del gruppo si fa notare per disseminare due o tre idee all’interno del brano.
Così a un power blues alla Rolling Stones (con echi di hip hop) come Doubt si risponde con due power rock profumati di tracce blues (The Usual Blues e Something Strong) e un altro che gioca con i synth e i ritmi sincopati (Nanaqui). La seconda parte dopo una breve fase dedicata a una scorribanda verso generi più spigliati (l’epico boogie in tempi dispari di A Prayer) e sognanti (la morbida psichedelia della minuscola Night), la band affronta generi più ostici e più black: ne fanno fede il jazz-rock di Don’T Tell No, il jazz-funky di Song For The Forgotten One, il trip-hop camuffato da funky di Stay Away, tutte sfide affrontate a viso aperto e con buoni risultati. Gli Enjoy The Void sono indubbiamente un buon gruppo, tecnicamente preparate e con le idee chiare su come impostare, organizzare e suonare delle buone canzoni. Manca ancora, ma ricordiamo che sono alla loro prima prova discografica, una visione d’insieme che faccia nascere un’identità ben precisa sul valore del gruppo e su quello del suo lavoro. Giovanni Caruso (che in effetti suona solo su un pezzo) è anche il fonico di registrazione. Ha collaborato Brunella Giannì ai cori. L’artwork è di GioStone.
di Alfredo Cristallo