Abbiamo già incontrato, i Plebei vulcanico gruppo alt-folk di Rovereto, quando due anni fa
recensimmo il loro disco di debutto intitolato Eterna E’ La Tensione (Di Clavicole, Ingranaggi E Leve) uscito nel 2014. Quell’album rivelò un gruppo intelligente e profondo conoscitore del valore della semiotica applicata nei testi così come un ensemble, la cui musica festosa e variopinta dettava un nuovo standard musicale a metà strada fra il folk moderno, le contaminazioni della world music e lo stile cantautorale, tipico patrimonio della musica leggera e del rock italiano.
Quell’album rivelò il gruppo all’attenzione della critica, tanto che furono invitati lo stesso anno a partecipare al concerto per La Liberazione del 25 aprile sul palco allestito al parco delle Albere a Trento. Due anni dopo il gruppo passò nelle file della Resisto Records e due anni dopo approdarono alla Alka Records (di cui la Resisto è una consociata). In questi anni, il gruppo ha anche dato vita a un singolare esempio di celebrazione concertata con l’evento Un’Ora Di Troppo un concerto suonato durante il passaggio dall’ora solare a quello legale allo scopo di dare un suono a quel lasso di tempo che ogni anno viene tolto o aggiunto all’inesorabile scorrere del tempo. Il nuovo album , un EP di 5 pezzi edito dalla Alka Records è uscito l’8 maggio del 2018 col titolo di Ve Lo S Velo. Come già nel primo LP, ognuna delle tracce serve a spiegare in musica una teoria, filosofico-letteraria questa volta. seconda la quale ogni verità è in realtà coperta da un velo sottile, il quale va a distorcere inesorabilmente la vera essenza di ciò che cela. Quando questa verità viene ri-velata viene velata due volte perché la sua conoscenza potrebbe non essere accettata da tutti, tramutandosi così in un vero incubo per molti. La line-up è rimasta immutata rispetto al primo album (Calogero Focaluci, voce e chitarra, Cateno Erbolini chitarra, Coluccio
Perticoni basso, Onofrio Dinamite batteria, Zibbonio Berretti fisarmonica; questi sono i nomi di battaglia dei musicisti). Immutata anche la proposta musicale che come già detto aggiorna la world music frenetica dei Mano Negra con suggestioni melodiche e ritmiche più rilassate come nel jazzy rilassato alla Negresses Vertes del primo brano Giocofuoco (uscito anche come primo singolo). Se rimane la tendenza ad usare reperti di musica da strada della tradizione melodica italiana come nello stornello romano di Canzone Nel Cassetto e nel folk pop d’autore di Incubo, tuttavia la band dimostra di aprirsi, ancora una volta a influssi straordinari e stranieri come in Realè una patchanka alla Mano Negra scolpita fra suoni nostalgici e un tango scatenato e la milonga sonnolenta di Malvivendo. In ogni caso i brani e la musica proposte è come da tradizione del gruppo il vettore di una narrazione in un crescendo costante finalizzato a comunicare messaggi di vita importanti e necessari in quest’età dell’immediatezza e della velocità che tutto dimentica anche le cose più importanti. Anche questa volta per la copertina, il gruppo si è affidato ad un’ottima pittrice Nadia Goff affidando alla sua arte il compito di illustrare con immagini simboliche (un serpente tra due veli, la translazione delle orbite, lo sfondo blu cupo) il complesso viaggio intimo verso la verità.
di Alfredo Cristallo