Un’epoca basata sulla superficialità, troppo spesso confusa erroneamente con la leggerezza.
Vi è una forte desensibilizzazione e apatia globale. Tutto ruota troppo in fretta, scadenze sempre più strette e tempi più serrati ci costringono a correre e fare, fare, fare senza talvolta pensare a ciò che stiamo facendo. E come viene viene.
Tutti possono fare tutto. Reinventarsi e cambiare le proprie strade a ogni età, è la cosa più bella che ci sia e avere la capacità e la voglia di ricominciare da zero è coraggioso. Ma farlo con cognizione di causa, non con approssimazione e superficialità. Sempre più gente che non trova una strada, improvvisa un mestiere. (E dire improvvisare è pure errato, in quanto l’improvvisazione è materia di studio teatrale ed è sempre fatta ad arte).
Persone che si reputano dei guru di un determinato settore, ma che a malapena ne conoscono i rudimenti. La formazione è sempre meno approfondita, perchè si crede di essere arrivati al top.
Invece il pressapochismo dilaga, e il paradosso è che questo modus operandi di lavorare alla “ce me ne futt’a mme”, va bene anche a chi riceve la prestazione.
La cosa brutta è la forte uniformazione. In ogni settore. Una standardizzazione globale. Tutti uguali. Se ti diversifichi un po’ sei messo da parte. Rompi uno schema.
Massificare rende le persone molto più controllabili e le menti più manipolabili.
Di fatto hanno sempre governato le minoranze, con l’illusione di far scegliere e far partecipare la massa.
Siamo sempre più soli e intrappolati nell’ombra di noi stessi, credendo di poter fare e dire tutto ciò che vogliamo.
Selfie, foto, social. Tutti hanno libertà di “esprimere” loro stessi, i loro pensieri (che poi “Who cares?” ).
Una finta libertà.
Diamo importanza esagerata all’apparenza, perchè ormai è essa che governa le cose, a scapito della sostanza.
(L’ossessione per l’aspetto fisico, la ruga di troppo, il numero di followers, le statistiche sui like, ecc).
Tutti divorati dall’immenso vortice dell’imbecillità. Sì certo, me compresa.
Ma ormai sempre più spesso, mi domando come si fa a stare bene in questa condizione.
Se le persone non saturano come me a stare dietro agli insocievoli social.
Se davvero tutto questo è fondamentale per sentirsi parte del mondo, per far vedere che esistiamo e mettere in piazza la nostra privacy, scandalizzandoci poi se i social utilizzano i nostri dati.
Se è davvero importante usare questi strumenti per diffondere la propria arte, la propria musica. Quando invece a me dà l’impressione che queste vengano deturpate e soffocate.
C’è chi dice no…e probabilmente pian piano si allontanerà sempre di più da tutto questo e consapevolmente abbandonerà la società che continuerà a confondere la realtà con la virtualità. Si rifugerà negli abissi della propria anima, dove troverà la pace, la vera libertà , e il senso più profondo delle cose, senza più curarsi del Truman Show che viene recitato in superficie.