Le Hen sono un gruppo bolognese nato nel dicembre 2014. Hanno iniziato praticamente per caso.Il gruppo è infatti nato su iniziativa di Chiara Lorenzini (basso) che ha pubblicato un annuncio su un giornale: cercava musicisti per formare un gruppo rock tutto femminile. Tutti i membri del gruppo provenivano da esperienze diverse: solo Chiara aveva un passato da musicista (ha studiato pianoforte); delle altre due, Rita Felicetti (batteria, voce) proveniva da esperienze teatrali, mentre Carlotta Chiodi (voce, chitarra) si era accostata alla musica prendendo lezioni di chitarra, lavorando in una radio indipendente (Radio Città Del Capo) e tenendo un blog musicale.
Il nome del gruppo Hen (il pronome svedese senza genere, galline in inglese, bizzarro in giapponese) indica la tendenza del trio a inserirsi nel dibattito post-femminista, superando la questione di genere e concentrandosi piuttosto sulla creazione di un’identità sessuale rifiutando i canoni culturali precostituiti e dominanti. Hanno impiegato 4 anni a registrare il loro primo lavoro, che è uscito autoprodotto il 12 luglio 2018 col titolo di Alibi: nel frattempo la fondatrice Chiara Lorenzini è stata sostituita al basso da Isabella Cioccolini. Il punto di forza del gruppo è la capacità di far convivere nel loro sound l’anarco-punk dei Crass e dei CCCP, il post-punk DIY e schizoide delle Raincoats e dei Swell Maps e il garage rock anomalo dei Pixies. creando un formato musicale che è allo stesso tempo irruente, ironico e drammatico e funziona come una sorta di weltansschaung da cabaret espressionista, pur mantenendo uno spirito oltraggioso, estremista e blasfemo (il testo cantato a rovescio che sembra un oscuro sortilegio della finale Ghost Track). Il senso di tragedia incombente e di fatalismo rassegnato è parte integrante del loro messaggio pessimista sulla condizione femminile.
Per quanto duri solo 34 minuti il disco è uscito diviso in due CD. La prima parte cantata in italiano è più vicina al post punk italiano così come è stato codificato dai CCCP: il passo da pow wow e il cantato in forma di salmo di Non Credo (più le campane a morte che fanno tanto notte dell’orrore), il tempo dispari di Abore Bio scardinato da improvvise accelerazioni, la dance atmosferica alla Ustmamò di Maledetto FA, soprattutto la classicissima Taffetà (che è stato anche il loro primo singolo pubblicato nel maggio dello stesso anno) sono pietre miliari di un iconografia che (come nei CCCP) tiene insieme sonorità colme di disperazione esistenziale e sovratoni di teatralità surreale. Il secondo CD cantato in inglese testimonia invece un’adesione più marcata a moduli d’oltremanica: il boogie marziale di Crime 1001, le progressioni grunge funky di Sade Effect
(con la batterista in gran spolvero), la ballata psichedelica con battito pellerossa di Self Sybilla e il raga di Finally fungono da sutura fra cultura freak e cultura punk documentando il substrato bohemien dell’operazione musicale. A suo modo Alibi è un disco ambizioso, coraggioso e abbastanza atipico nel panorama musicale italiano: ad esempio non è mai volutamente orecchiabile e accattivante. Anche per questo merita un plauso d’incoraggiamento.
di Alfredo Cristallo