HEATHENS Love Songs For Insensitive People

Gli Heathens sono una band di Feltre (in provincia di Belluno) nata nel 2012 su impulso dei fratelli Mattia (voce) e Lorenzo Dal Pan (synth, elettronica). Dediti a una musica che resuscita l’elettronica glaciale degli anni Ottanta registrano il loro primo album In Silenzio nel 2012, totalmente autoprodotto. Nel 2014 vincono il primo premio Best Arezzo Wave Veneto e nel 2016 pubblicano per la Irma Records il loro secondo album Alpha in cui affrontano il tema del dogma alla luce dei loro studi scientifici. Nello stesso anno partecipano alla compilation Rockit vol.77 e l’anno dopo alla Compilation Sfera Cubica 2012-17 vol.3 Anglosfera.

Nel 2018 il gruppo entra in studio di registrazione e con la produzione artistica di Tommaso Martinelli registrano il loro terzo album Love Songs For The Insensitive People che esce per l’etichetta giapponese Ricco Label e (in Italia) per l’italiana Shyrec il 5 aprile 2019. Nel frattempo la line-up iniziale del gruppo si è allargata arrivando a comprendere (insieme ai due fratelli Dal Pan) anche Matteo Valt (synth, elettronica), Francesco Dal Molin (basso, contrabbasso), Massimo Cappello (chitarra) e Stefano Pettenon (batteria). Come già detto il loro standard di riferimento è chiaramente la dark-wave elettronica anni Ottanta gelida, inerte, affidata a trasfigurazioni armoniche tanto surreali quanto angoscianti. In questo senso appartengono alla tradizione della musica liederistica dei Dead Can Dance e dei Cocteau Twins (e dei This Mortal Coil). Dalla loro la band vi aggiunge uno stile musicale fatto di tacite emozioni, passionale, riservato, carico di allusioni sconsolate e di giri armonici ricche di tensioni e profondità. Le loro partiture strumentali oscure e minimali richiamano le sonorità degli Slint e dei Don Caballero.

Le liriche (concentrate sulla reazione al modo in cui una generazione distratta e superficiale fa uso di “emozioni disponibili”) sprofondano nel labirinto interiore di un tormentato subconscio vittima dell’esistere e di tutte le sue contraddizioni. Il canto è modulato, intenso e profondo (e spesso quasi bisbigliato) ma mai esibito come si addice a una contrita auto-flagellazione. Il ricorso all’elettronica funziona da adeguata impalcatura per creare quell’ambientazione onirica e lontanissima nel quale affondare i loro tetri psicodrammi. La band si affida quindi a strutture trip hop esangui e appena accennate come in Run Away (in cui affiora anche un timido shoegazing) o in Fil Di Ferro (un recitato alla Offlaga Disco Pax che si muove fra le nevrosi funky dei Talking Heads e la danza moderna dei Pere Ubu fino a risolversi in un ballabile al ralenti) o l requiem come in Heartbeat (un esercizio di minimalismo per percussioni decostruite, voce sconsolata ed elettronica funerea che ruba il tema ad Atmosphere dei Joy Division e si evolve in un sinistro pow wow), in Sarebbe Bello (propulso da un organo ecclesiastico nel cui gorgo affondano voce, percussioni e synth tutti trattati al minimo della loro udibilità) o nella litania fatalista di Best Wishes.

L’incubo romantico di No Tears avvolto da una figura meccanica di piano e le tastiere spaziali di When Morning Comes We Will Be There To It For It Without Thinking che sorreggono un ritmo caracollante (al limite del cow punk) e un crooning melodrammatico costituiscono il loro tributo a una forma di avanguardia musicale decadente ed emotiva che costituiscono l’altro estremo di uno spettro sonoro che si contrappone alla generale atmosfera di disfatta, nullità e disperazione.

Un pugno di collaboratori danno una mano a partire da Pall Jenkins (il cantante dei Black Heart Procession; mellotron e voce in No Tears) ed Eugenia Galli (voce in Fil Di Ferro) per continuare con Valeria Sturbia (theremin), Mosé Andrich (piano), Matteo Isotton (tromba) e finire con Enrica Balzan e Tommaso Mantelli ai cori.

di Alfredo Cristallo

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