Gli Alice Tambourine Lover sono un duo bolognese formato da Alice Albertazzi (voce, chitarra) e e
Gianfranco Romanelli (chitarra dobro, basso, cori), nato nel 2011 come side project degli ALIX
gruppo di punta della scena psych-stoner italiana. Dopo aver pubblicato ben 5 album con gli ALIX,
tra cui vale pena ricordare Ground (2004 registrato da David Lenci) e Good One (2008 registrato da
Steve Albini) hanno dato vita a un progetto che accosta insieme blues, psichedelia e folk secondo
lo stile del Paisley Underground. Hanno partecipato al festival All Tomorrow’s Parties nel 2012
insieme a gruppi come i Neurosis, i Fang, gli Shellac e gli Uzeda. Il loro primo LP esce nel 2012
intitolato Naked Song, a cui seguono nel 2013 Star Rovers e Like A Rose nel 2015. Il nuovo album
Down Below esce il 23 aprile del 2019 per la Go Down Records. Il sound del nuovo album proviene
sempre dal blues (anzi più precisamente dal desert blues) ma in questa nuova opera il gruppo ha
deciso di abbracciare uno stile ancora più psichedelico. Ne nascono piccoli acquerelli eterei ed
ipnotici che si dipanano tenui e pigri come animali che si rosolino al sole rovente del deserto.
Guidati dalla voce tenera e suadente di Alice Albertazzi (un misto fra Hope Sandoval dei Mazzy
Star e Margo Timmins dei Cowboy Junkies ma con in più le vocali dilatate della Grace Slick più
ispirata) e dall’onnipresente tremolo della chitarra dobro di Romanelli, questo è un lavoro che
lambisce i raga languidi degli Opal, il limpido lavoro di assemblaggio fra lirismo pop e blues
psichedelico dei Rain Parade e l’acid folk cosmico ed esistenziale degli album della coppia Paul
Kantner e Grace Slick (Blows Against The Empire e Sunfighter). Le loro sono canzoni senza tempo
impressioniste, mistiche e siderali scolpite frase per frase con cura certosina in filigrane sempre
più trasparenti e adornate da un vortice di echi e tintinnii raga che scrutano nel subconscio
attraverso un excursus sonoro astratto, onirico e magico. Questo programma caleidoscopico
trascina a poco a poco l’ascoltatore in un paesaggio allucinato e lunare dove convivono ballate
tenebrose e psichedeliche come la title track, ballate roots rock come Blown Away (che riprende le
cadenze leziose degli Screaming Trees) e ballate psych-folk languide e rilassate come Into The
Maze (con echi westcoastiani) e Surround You. Accanto a loro il duo accarezza una forma di musica
da camera lisergica con le nenie psichedeliche di Dance Away e la più marziale Rubber Land al
limite della trance cosmica, andando infine in gloria con Train lenta e cupa trance acid rock e
Follow, trenodia totalizzante dell’inconscio, solcata da tremolii lisergici che riepilogano in poco più
di 5 minuti il Neil Young più nevrotico e depresso. Down Below è nello stesso tempo l’ideale
soundtrack per gli spazi aperti del deserto, per la natura pigramente assopita e per le distese
sterminate senza vita e nel contempo un’analisi semiotica di una civiltà di segni (tale fu in fondo
l’era del folk rock, del desert blues e della psichedelia) che riprende la teoria della conoscenza
dilatata là dove venne interrotta. Partecipano all’album Dandy Brown (voce in Dance Away),
Sergio Altamura (chitarra preparata in Train) e Andrea Albertazzi (armonica in Rubber Land).
di Alfredo Cristallo