Avevamo incontrato Giulio Casale nella precedente recensione uscita su Micsugliando il 2
Settembre del suo ultimo album Inexorable. Era l’era Pre-Covid e quell’album bellissimo e ispirato
era l’annuncio di un rilancio decisivo della carriera musicale dell’artista trevigiano. L’arrivo della
pandemia ha bloccato praticamente tutto il circuito culturale (cinema, teatri, concerti) inclusa la
possibilità di incidere dischi a causa della ridotta possibilità di usare le sale registrazioni. Molti
musicisti sono quindi andati a pescare nei propri archivi per trovare registrazioni inedite da
pubblicare (il caso più tipico è stato Flavio Ferri). Così ha fatto Giulio Casale ripescando spezzoni di
vari concerti e confezionando così il suo nuovo album Bootleg #3 uscito per la Vrec Audioglobe il 3
luglio 2020. Il disco è stato registrato in quattro location diverse, il Teatro Vittoria di Roma, il Biko
Club di Milano, l’Hard Rock Cafe di Firenze e il Panic Jazz club di Marostica (VI) ed è tratto dal tour
di presentazione del suo ultimo album con Alessandro Grazian ed Emanuele Alosi, dallo spettacolo
Le Notti Bianche (tratto dall’omonimo romanzo di Dostojevskij e dallo spettacolo Frammenti Di Un
Discorso Poetico una suite jazzata di musiche e parole insieme a Nicola Alesini. Dal vivo emerge
prepotente la capacità espressiva di Casale, la sua poetica essenziale, esistenziale e nichilista e la
sua tecnica spoken-word, un recitato glaciale e drammatico che contrassegna il rifiuto delle mode
dominanti e la pervicace rivendicazione etica di essere sopravvissuto al nulla musicale dei primi
venti anni del nuovo millennio. La musica che viene cucita addosso alla performance di Casale
appartiene a vari filoni fra i quali due sono quelli sostanzialmente dominanti.
Il primo è un art rock poliedrico e scarno che assume forme mutanti: un mix di jazz languido alla Morphine e di glam alla Roxy Music in Apritemi, dominato dal piano e disteso su atmosfere immobili in Ammirarti Infinita,
imponente e minaccioso alla Magma in Incubo Numero Zero (una cover di Claudio Lolli), diviso fra
il nichilismo futurista e il Canterbury Sound in The Golden Way (una cover di David Sylvian).
Accanto a questo primo filone troviamo la predilezione di Casale per la musica cosmica tedesca
anche se declinata in maniera più progressive come negli Ash Ra Tempel e ottenendo quindi una
sintesi fra acid rock californiano e post-espressionismo tedesco: la matrice tipica in questo caso è il
recitato di Soltanto Un Video che unisce arditamente la psichedelia teutonica e una muzak di alta
classe mentre altri derivazioni sono ritrovabili in Tutto Cadeva e in Un Minuto nobilitato da un
epico assolo di sax. Un filone meno rappresentato nella scelta dei pezzi è quello del punk anni
Ottanta: più scarnificato in Un Giorno Storico per sola chitarra e voce, con venature più ballabili e
debordante in Sono Corpo. Completa la track-list la scelta delle cover, un’incredibile versione di
Cosa Sono Le Nuvole (di Domenico Modugno su testo di Pierpaolo Pasolini) che sfoggia un pop
d’avanguardia percussivo e disarmonico alla Lemon Kittens accoppiato a milonghe classicheggianti
e Le Città Invisibili (dall’omonimo romanzo di Italo Calvino) per voce tromba e chitarra e tratto
insieme a The Golden Way e Incubo Numero Zero da Frammenti Di Un Discorso Poetico: una scelta
felice per i fan visto che Frammenti è andato in scena una sola volta. Chiude l’album Resto Io uno
psicodramma alla Peter Hammill che è forse involontariamente il modello di Casale. In Bootleg #3
convivono a meraviglia un eclettismo d’avanguardia che tiene insieme l’astrattismo post-moderno
dei Red Crayola, il rifiuto ostinato dei compromessi artistici e le atmosfere dei beatnik degli anni
Cinquanta. Hanno collaborato all’opera Alessandro Grazian e Marco Olivotto per quanto riguarda
la produzione e l’editing, mentre la foto di copertina è di Alessandra Vismara.
di Alfredo Cristallo