Arcologia contro Massa Disordinata
Perché non pubblicai questa breve rassegna fotografica il 9 ottobre 2005?
All’epoca non ero ancora intessuto nella membrana interdigitale, e il mio acerbo entusiasmo non era pronto per trasmettere alle sinapsi di esseri umani sotterrati nel sopore dei problemi moderni. Ciò che vidi al Palazzo Fontana di Trevi e al MAXXI a Roma, doveva trovare una via alternativa alla cartacea stampa di una rivista culturale. Dovevo solo aspettare il momento adatto.
E proprio in questo periodo, degli input digitali hanno riacceso quel fulgido esempio che in tutto questo tempo ha covato nelle terre aride dall’Arizona per schiudersi e rivelarsi inaspettatamente ai miei sensi. Non è ancora l’alba e già sono sveglio per scrivere questo breve articolo, col tentativo di riaccostarmi nuovamente alle teorie alternative di Paolo Soleri.
Dalle ombre dei miei ricordi riemergono le sue profetiche affermazioni e la profonda critica alla perdita di identità territoriale conseguita con le pratiche dell’urbanizzazione condotta secondo i principi funzionalisti che la cultura europea non ha saputo superare.
Paolo Soleri di origini italiani, ma vero figlio dell’America infatti scriveva in uno dei suoi sketchbook «Dal momento che l’architettura diventa un fenomeno di ecologia umana, le città diventeranno “organismi” che riflettono nella loro complessità strutturale la complessità della vita che essi contengono e includono. (…) La tecnologia, che si è trasformata in biotecnica, contribuisce a creare la “nuova natura” degli “organismi” urbani che saranno compatti e non dispersi, verticali e densi, miniaturizzati perché la “compressione produce espansione”, come accade nella scatola cranica dove la compressione del cervello genera la “sconfinata espansione della mente”. L’obiettivo è di non disperdere nel territorio masse di edilizia amorfe e di “fuggire dalla piattezza”, dall’alienazione delle periferie e dal caos delle megalopoli, per concentrare tutte le energie nei flussi verticali del traffico e nei percorsi radiali che minimizzano le distanze, quindi, riducono gli sprechi (…)».
Viviamo oggi in distese urbane. La crescita disorganizzata e rapida delle città è il sintomo del nostro malessere, dal quale però dobbiamo uscirne, altrimenti la causa del sogno in cui viviamo finirà per esaurire le risorse della Terra… e noi!
È tardi? Forse no! È presto? Chi lo sa! Tutto dipende da noi!
Svegliamoci!