Leo Boni è un cantante, chitarrista fiorentino. Innamorato del blues old style, nel 1984 si
trasferisce negli USA per frequentare la prestigiosa scuola di Berklee. Laggiù Boni ha modo di
collaborare con artisti del calibro di Sax Gordon, Little Joe Cooke And The Thrillers, Earring George,
Josè Ramos, Buddy Johnson e Luther Jr Johnson. Fra i numerosi riconoscimenti per il suo lavoro
come bluesman spicca il premio come migliore band blues di Boston col progetto Weeping Willie
And All Star. Per dieci anni fa la spola fra USA ed Europa finché non torna nel Vecchio Continente
attirato dal suo amore per il Gypsy Jazz.
In Europa si occuperà di progetti che incrociano il blues con stili diversi collaborando con Maurizio Geri, Enzo Biondi, The Winterstain, Lu Colombo, Nicola Magalotti, X Jam And The Divas, James Thompson, Lisa Hunt, Luca Giordano, Sharon Lewis, Gianna Cerchier e Piero Pelù. Nel 2001 esce il suo primo album intitolato Crocicchio registrato con la Blues Gadjo Band che sarà accolto favorevolmente dalla critica. Maggior successo avrà il suo successivo album Sogno Toscano uscito nel 2011 che riceverà il premio speciale della giuria del premio Tenco.
Nel 2013 si trasferisce in Mozambico collaborando con un’associazione privata ed esibendosi sui
palchi per i due anni successivi. I viaggi e le esperienze in tre continenti diversi lo porteranno a
licenziare il suo terzo lavoro The Ring, interamente cantato in inglese, che esce per la Redcat Music
il 30 aprile 2021. The Ring si presenta come un album che ha l’ambizione di incrociare il blues
americano, con il Gypsy Jazz europeo e le progressioni ritmiche africane. Il background di Boni
serve sostanzialmente a documentare il passaggio del rhythm’n’blues britannico e americano al
blues bianco tracciando il percorso che inizia da John Mayall, la Graham Bond Organisation e gli
Animals e si spinge fino ai Colosseum prima maniera e ai Ten Years After (per quanto riguarda la
Gran Bretagna) e dal blues seminale di Muddy Waters, B.B. King ed Elmore James per finire agli
Allman Brothers Band, ai Canned Heat, alla Paul Butterfield Blues band e alla eredità blues di Jimi
Hendrix (per gli Stati Uniti) spingendosi ulteriormente fino ai bluesman più moderni (Jeff Healey,
Stevie Ray Vaughan, Rory Gallagher). Il suo LP è quindi un’opera di modernariato e riscoperta
dell’eredità blues e della sua influenza sulle mille sfaccettature assunte dal rock dagli anni
Sessanta in poi. In questo senso coesistono facilmente crossover fra blues e garage (Pinocchio Ray
Blues nel segno dei Dr. Feelgood), fra blues e soul (Music, cantato con voce nerissima e nobilitato
da un’infuocato assolo alla Jimmy Page), fra blues e folk (Mermaid con inflessioni laid back alla Ry
Cooder), fra blues e reggae (Strange Girl), fra blues e rock’n’roll (This Town). Le radici
autenticamente blues sono conservate nel blues strasciscato da cocktail lounge notturno di Some
Eyes (che avrebbe potuto essere un pezzo dei Morphine), nel rock blues caracollante di Uozzon,
nel blues acustico di Mr. Yes Man (il singolo apripista) con echi raga e in This Masquerade, Hairpin
e Riley The King che trasudano di citazioni di Muddy Waters, B.B. King e Stevie Ray Vaughan.
Indifferente alle mode imperanti del periodo, Boni si inserisce in un filone antico ma che ha
sempre molto da insegnare a quello che Lester Bangs avrebbe chiamato “il frastuono più atroce”.
Un filone peraltro presente anche in Italia con musicisti come Roberto Ciotti per arrivare ai più
contemporanei One Horse band e Van Kery che ultimamente non hanno avuto paura di riprendere
in mano la vecchia fiaccola blues. Boni suona tutte le chitarre, il basso acustico e canta in tutti i
brani. All’album collaborano Eric Shenkman (già chitarrista degli Spin Doctors), Marco Barsanti
(batteria), Francesca Taranto (basso e cori insieme a Virginia Vannucchi e Sabrina De Luca), Guido
Melis (basso in Pinocchio Ray Blues ma anche tecnico del suono e assistente produttore). I
produttori esecutivi sono Virginia Filippini e Matteo Sailer.
di Alfredo Cristallo