POPFORZOMBIE Cose Piccole

Questa rubrica e questo blog hanno seguito la carriera dei Popforzombie fin dai loro inizi, dal loro
primo omonimo LP del 2017 al loro EP sempre omonimo dell’anno scorso. Il loro nuovo lavoro
s’intitola Cose Piccole, ed è uscito per la VREC il 9 luglio 2021 dopo un anno di registrazione a
causa dei limiti imposti dal lockdown. La formazione torinese è assestata su un quintetto che
comprende Paolo Passera “Poli” (voce), Michele Battaggia “Bozzi” (chitarra), Fausto Belardinelli
“Lypocondium” (chitarra), Davide Costa (basso), Roberto Zaffaroni (batteria). La musica è virata in
questo nuovo lavoro su un suono acustico che deve molto al cantautorato storico italiano degli
anni Settanta: De Andrè, il primo Venditti, De Gregori, Ivano Fossati in alcune parti persino il
Branduardi più rilassato. Un sound peraltro abilmente arricchito (al mix ci sono Max Casacci dei
Subsonica e Nick Foglia) con arrangiamenti orchestrali e progressive che ripropongono un’età
felice ma venata di nostalgia, un periodo dove gioia e rivoluzione (soprattutto culturale)
sottendevano la possibilità di avere un futuro diverso, dove parole come odio, sopraffazione,
violenza (che sono i tratti tipici di questa nostra età) erano guardati come minimo con sospetto. La
musica e i testi di questo nuovo LP è quindi arricchita di sovratoni nostalgici, una nostalgia per
un’epoca dell’ottimismo che questa generazione non ha mai vissuto e non è neanche sicura che
potrà rivivere. I brani dei Popforzombie sono video al ralenti, fotografie che ritraggono scene
apparentemente di nessun interesse ma in realtà sono metafore dello spleen esistenziale e della
disperata alienazione di un’intera generazione e presumibilmente anche delle prossime. Le storie
raccontate nei testi sono storie tanto dimesse quanto universali, tanto umili quanto metafisiche e
la tenue malinconia di questi cantastorie da caffè di periferia, da pub delle ore piccole, da concerti
in spazi raccolti cantati in maniera sonnambula al limite del mantra assurge quasi come per
incanto in un’epica maestosità.

La ripresa di un cantautorato ormai quasi dimenticato si diceva ma che ha ancora la capacità di colpire il cuore e l’anima magari nell’illusione che forse non tutto è ancora perduto oppure se ormai è perduto non resta che ricordarlo e consegnarlo alla memoria e alla classicità. Cantautorato si diceva e al cantautorato degli anni Settanta, il gruppo consegna brani come Canzone Inutile (con arrangiamento progressive del Banco Del Mutuo Soccorso), La Mia Anima E Il Mio Corpo (con finale marziale), I Santi. Progressive si diceva, ma anche qui
minimale quasi in punta di piedi come nei Codici Degli Uomini e in Paglia. Da questi atout i
Popforzombie hanno l’abilità di addentrarsi nei campi del folk rock classico (Reitia che è quasi un
salmo, una preghiera), del folk raffinato alla John Renbourn (Canzone Sciocca), del folk jingle jangle
alla Byrds (Magia). E ancora il gruppo ha la forza di cambiare le carte intersecando cantautorato e
trip hop (Outis) e aggiungendo altrove anche arrangiamenti sinfonici di nuovo di matrice
progressive (4.00 P.M.). I Popforzombie non cercano mai il colpo ad effetto, l’hit da classifica ma i
loro brani sono migliori dei brani mainstream. Le loro odi alla marginalità sociale si situano al
confine con le elegie sommesse di Lou Reed e in questo presente di sole sconfitte dove non
sembra esserci redenzione rimane pur sempre una qualche forma di serenità o rassegnazione. Un
nugolo di collaboratori aiuta il lavoro: all’album hanno preso parte Tommaso Cerasuolo (voce dei
Perturbazione), Flavio Ferri (dei Delta V), Andrea Chimenti (voce dei Moda) e ancora Davide
Tosches, Leonardo Laviano (Lastanzadigreta), Cosimo Malorgio (Assist)

di Alfredo Cristallo

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