The Bankrobber sono una band formatasi a Riva del Garda (provincia di Trento) nel 2008.
Prendono il nome da una famosa canzone dei Clash e il loro suono è fortemente influenzato dalla
new wave alternativa e dal post punk elettronico. Il gruppo ha iniziato la sua carriera vincendo il
concorso Rock Targato Italia nel 2009. Hanno poi girato lo stivale con una nutrita serie di concerti.
Nel 2012 la loro cover di Senorita viene inclusa nel tribute album a Enrico Ruggeri intitolato La
Parola Ai Testimoni. Fra il 2013 e il 2017 il gruppo suona insieme ad artisti famosi come i Dropkick
Murphis, Graham Candy, A Toys Orchestra, Appino, Andy Fluon, Kutso, Il Pan Del Diavolo,
Nobraino, J-Ax, Baby K, Mario Venuti, Giorgio Poi, Jack Jaselli. Nel 2013 vincono il New Beat
Contest organizzato dall’ESU di Verona. Nel 2014 esce il loro primo album La Gazza Ladra per la
Alka Records Label. Nel 2015 realizzano una cover di Always On My Mind di Elvis Presley. Nel 2016
vincono il festival Suoni Universitari di Trento e pubblicano l’EP Land Of Tales (di 5 brani). Nel 2017
vincono l’Akademia Music Awards di Pasadena che li fa conoscere nel mondo e a cui segue un tour
europeo e pubblicano per la Vrec Music/Audioglobe l’album Missing. Nel 2019 dopo l’uscita della
versione deluxe in vinile del loro precedente album partono per un tour europeo di 20 date in
Europa con significativi concerti a Londra, Amsterdam e Praga. Nel 2021 il singolo Blood viene
inserito nella compilation di Spotify Rock Italia. Nel 2022 pubblicano l’EP Lighters che esce il 27
settembre per la Vrec Music/Audioglobe come parte di un concept album a cui nell’aprile 23 si
aggiungerà un altro EP Lovers (i due EP verranno uniti quindi in un singolo album). A questo punto
la line-up è formata dai fratelli Giacomo (voce, chitarra) e Maddalena Oberti (tastiere, synth, voce)
a cui si aggiungono Andrea Villani (basso, cori) e Neri Bandinelli (batteria, cori).
Sostanzialmente l’arte dei Bankrobber continua la parabola modernista e futurista iniziata dai Roxy Music e ripresa poi dai Simple Minds. La loro elettronica ballabile pennella ballad a metà strada fra decadentismo
ed esistenzialismo mescolando ritmi robotici, riff di hard rock e melodismo romantico. Benché
orecchiabili le loro canzoni sono minate dalla paura del futuro ipertecnologico e da un funk
sottilmente nevrotico, ammantate ora da un manierismo da incubo ora da ritualismi marziali. Il
tetro rosario si dipana fra una litania mediorientale che prende improvvisamente un passo di
reggae frenetico (Kill My Name), due synth pop psicanalitici (White Skin, il singolo apripista e Leash
Died), un inno generazionale a passo di pow wow impigliato fra un recitato concitato e una
ragnatela di filtri elettronici (Hate Me), una ballata morbosa cullata da onde di elettronica funerea
(Bury Me Softly). Fra tanta elettronica fa sensazione la ninnananna interamente acustica di Carry
Me On. Le struggenti e ultra-melodiche minisinfonie dei Bankrobber sono un esempio
contemporaneo del pop futurista tipico degli anni Ottanta che esplora i temi dell’alienazione e del
decadentismo. Tutte le canzono sono cantate in inglese.
di Alfredo Cristallo