RAGING SONS 20:20

 

I Raging Sons sono la nuova “next big thing” proveniente dall’Irlanda e più precisamente da
Limerick. Il gruppo è attivo fin dal 2018 ma si era sciolto per rimettersi insieme qualche anno dopo.
La line-up iniziale era formata da Fint Tynan (voce/chitarra), Colum Kelly (basso, chitarra), Adam
Reeves (batteria, percussioni) ma venne aumentata con l’ingresso del bassista Damien Ruddy
consentendo a Kelly di passare alla chitarra solista. Il loro primo album intitolato 20:20 (dall’orario
in cui il gruppo decise di ricostituirsi) era uscito nel 2021 ma viene pubblicato in Italia il 23
dicembre 2022 dalla Vrec/Audioglobe. Il sound del gruppo parte sotto l’egida degli U2 (ad es. in
Tonight e in Someone Else’s Love che quasi copia One) per svilupparsi verso atmosfere ariose ed
epiche che toccano tanto il synth pop degli anni Ottanta (la nostalgica e futurista di Breathe Easy, il
singolo apripista che cita tanto i Blondie quanto il giro di basso preso da New Years’ Day degli U2)
quanto il dark rock e la neopsichedelia britannica e il brit-pop). Da questi generi i Raging Sons
prendono l’abbrivo per comporre brani i cui paradigmi sono la perfezione formale, l’attenzione al
dettaglio sonoro, la raffinatezza melodica, il tocco sofisticato fino a non essere più un tipo di
musica ma la definizione astratta di quel tipo di musica. I picchi emozionali della loro musica
riescono ad evocare insieme maestosità e tristezza, angoscia e tensione, ansia e introversione.
Partendo dalla simil-avantgarde della title-track (35 secondi di impulsi radio), il loro variegato
programma si dipana attraverso il reggae pop di Square One alla Police, il rap futuristico con twang
di chitarra e sovraincisioni di synth di Lust, il flash rock di Mountains (che rifà il verso agli Yes dei
primi anni Ottanta), aprendosi verso brani più ariosi e atmosferici come il languido pop di How
High (con profumi di Depeche Mode e Tears For Fears), l’indie pop di Take One Night e
raggiungendo lo zenith emotivo con Rope (un’invocazione epica e trascendentale impreziosita da
un assolo screziato di chitarra). La conclusione è affidata a Television un punk rock teso e marziale
che sa di modernariato. Gli arrangiamenti lussureggianti, le armonie affabili e la cura strumentale
rielaborati per mettere in evidenza la componente emotiva riprendono la vecchia lezione del pop
britannico: ciò che conta è la forma non il contenuto, il lavoro di produzione davanti alla
composizione. L’album è stato registrato e prodotto da Mike O’Dowd e il mastering è di Robin
Schmidt (già con i the 1975, Sam Fender e Nothing But Thieves).

di Alfredo Cristallo

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