Simone Faraci è un musicista e compositore siciliano, trapiantato a Bologna. Ha studiato e lavorato
nel settore della musica classica, ma dal 2015 lavora esclusivamente nel campo della musica
elettronica e dell’improvvisazione, studiando contestualmente Musica Elettronica al Conservatorio
di Bologna. Ha quindi deciso di occuparsi a tempo pieno di musica improvvisata, musica per la
danza, paesaggio sonoro e didattica. Nel 2017 pubblica la sua composizione acusmatica Di Piccole
Forze per la Taukay e nel 2019 su commissione di Tempo Reale, pubblica Un Giardino Improvviso
che verrà inserito nella compilation BolognaSound Vol.1 pubblicato nel 2020 dalla Slowth Records.
Ha suonato con Francesco Giomi e Alvin Curran e collabora con la TREE (Tempo Reale
Electroacoustic Ensemble). Collabora con il collettivo sperimentale Minus di cui è membro
fondatore e con i quali ha suonato in diversi festival tra cui Tempo Reale Festival e Bologna
Modern. Con i Minus ha pubblicato Sintagmi (2019; per la Switch Music Recordings), ROUND
(2020; per la TRC/Elli Records) e CASA BASE (2021; per la Slowth Records). Dal 2019 è coordinatore
didattico di Tempo Reale e nel 2021 pubblica il suo primo disco solista intitolato Echo Ex Machina
per la Slowth Records un concept album sulla voce sviluppando un singolo presentato nel ciclo
StudioVox a cura di Tempo Reale Firenze. Dal 2022 insegna Musica Elettronica al conservatorio
G.F. Ghedini di Cuneo. Sempre per la Slowth Records pubblica infine il 26 maggio 2023 il suo
nuovo LP intitolato Mfoku. L’album è un lavoro sul tempo dell’ascolto e della memoria, sulla
prevedibilità e imprevedibilità dei percorsi sonori, sulla presenza della musica come elemento di
un passaggio sonoro e sulla sua musicalità. Dentro Mfoku musica e non musica si trovano a
coesistere e a confondersi come in un gioco di specchi ed è anche una riflessione sulle modalità di
ascolto nella nostra cultura, immersa in un paesaggio sonoro che fa da specchio all’angoscia
pervasiva causata dalla frammentazione del tempo delle nostre vite. Prendendo l’abbrivio dalle
sperimentazioni elettroacustiche d’avanguardia del primo Battiato e da quelle più recenti degli Zu,
dalle contaminazioni fra classica ed elettronica di Murcof e dai poliritmi esistenziali e dark dei 23
Skidoo, Faraci perviene a una sintesi (di elementi classici, di prassi indipendenti di produzione e di
musica d’avanguardia) che impone al sound diversi clichè: strumentazione da camera, struttura
atonale, aritmica e amelodica delle composizione, uso tanto pervasivo quanto concettualmente
marginale dell’elettronica (l’album è un lavoro costruito per essere ascoltato aldilà del lavoro fatto
per comporlo), la centralità del montaggio sonoro, il registro tragico, l’inserto di voci trovate e
fonti sonore disparate e appartenenti alla cultura popolare alta (free-jazz, musica elettroacustica e
classica contemporanea, hip hop, progressive rock, musica ambientale e field recording)
all’interno di un climax altamente suggestivo che punta diretto alla metafisica. Il corpus centrale
dell’album è composto dai tre movimenti della title-track dove l’ascolto del messaggio sonoro
perde linearità e si frammenta nella giustapposizione e nella sovrapposizione di musiche lontane
fra loro che si espandono nella percezione alla ricerca di un significato e un senso alla
composizione; significato e senso che forse non ci sono o sono inafferrabili. Partendo da frenetici
gamelan percussivi, Mfoku I ha una base di chitarra elettronica astratta che si amplia in un free
jazz e poi in un hard rock alla King Crimson (ci sono echi di Lark’s Tongues In Aspic), Mfoku II parte
sempre dalle percussioni per lasciare spazio ad un piano caleidoscopico, Mfoku III è invece una
mesmerica interpolazione fra elettronica ambientale e hard rock (sempre alla King Crimson). Il
montaggio sonoro sovrapposto e stratificato si ripresenta in forme ancora più disparate in Marusi
(intro di musica da cinema e poi elettronica astratta e serpeggiante), in Toku (il singolo apripista,
un carosello di voci trovate su ritmo a metà fra hip hop ed elettronica con in sottofondo una canzone di Lucio Battisti), in Nivuru (rituale di morte fra percussioni e trillo d’organo) per poi acquietarsi nella finale Kjinu un esperimento di musica elettronica ambientale che lambisce una dimensione paradisiaca. Aldilà delle impressioni percettive, Mfoku è un saggio sonoro sociologico ed antropologico nella misura in cui si occupa dei consumi e dei costumi legati all’ascolto della musica nella società di massa di cui riflette l’angoscia di un universo sempre più incomprensibile.
Ed è musica negativa nel momento in cui rifiuta i procedimenti tradizionali di composizione ed
esecuzione. A Simone Faraci (synth, campionatori e field recording) si aggiungono Donato Emma
(batteria, live electronics), Francesca Siracusa (pranajama), Valeria Girelli (voce) e Michele Cigna
(samples, chitarra). La produzione è dello stesso Faraci. L’artwork è di Valerio Immordino.
d Alfredo Cristallo