Da anni ribadiamo che l’industria cinematografica francese ha ben pochi eguali in Europa. Oltralpe un’organizzazione molto collaudata supporta tutta la filiera obbligando a reinvestire nella produzione nazionale. Ogni volta sottolineiamo la capacità che hanno gli autori nel riuscire sempre a rimettersi in gioco, sperimentando e reinventandosi affrontando argomenti e registri diversi. È il caso, per esempio, dei fratelli Ludovic e Zoran Boukherma che con Leurs enfants après eux hanno realizzato il film della maturità raccontando quattro estati rilevanti per i personaggi e per la Francia tout court che si concludono durante i mondiali di calcio del 1998. I due registi francesi in passato avevano già firmato titoli significativi (L’année du requin, presentato sempre a France Odeon), ma è proprio quest’opera, a lungo in predicato per il Leone d’Oro a Venezia che può dare linfa nuova alla loro carriera.
Il Complesso bandistico diretto dal Maestro Alessandro Giusti ha inaugurato la 16ª edizione del festival France Odeon al Teatro Cinema della Compagnia. La mattina seguente è stata consacrata al rapporto tra IA e diritto d’autore. Ad un anno dal primo incontro, a confrontarsi su 5 proposte per un’intelligenza artificiale etica sono state la SIAE e gli omologhi rappresentanti della SACD, la società transalpina che tutela il diritto d’autore. Il fulcro è il medesimo, difendere i diritti degli autori e dei cineasti nell’era digitale e gestire l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sull’industria cinematografica. L’AI è progredita ulteriormente, ma non la legislazione atta a disciplinarla. Negli ultimi anni, con la programmazione agli algoritmi, la creatività ha cominciato ad essere sottoposta in base ai modelli culturali ed economici predominanti.
Il legame fra Firenze e il cinema francese è ormai di lunga data. Indicabili le retrospettive monumentali che per 23 anni Aldo Tassone e sua moglie Françoise hanno organizzato con il festival France-Cinéma.
In questa edizione abbiamo visto dodici film, fra cui numerose anteprime. Invité d’honneur l’attore Vincent Lindon – Coppa Volpi all’81ma Mostra del Cinema di Venezia per Jouer avec le feu – che si è sottoposto ad un vero e proprio tour de force: tre giornate intensissime in cui non si è risparmiato ed ha anche regalato al numeroso pubblico presente una sontuosa Masterclass nella suggestiva cornice di Palazzo Vecchio. Quest’anno, alle classiche location dell’Institut Français e del Teatro La Compagnia si è aggiunto il Teatro di Fiesole che ha ospitato la giornata di chiusura: una Lectio Magistralis con lo scrittore Tahar Ben Jelloun, presidente della giuria, e un sentito omaggio a Alain Delon, con la proiezione del film La Piscine di Jacques Deray del 1969.
I film in concorso
En Fanfare di Emmanuel Courcol: Due fratelli di sangue ignari l’uno dell’altro e diversi per estrazione sociale e carattere, uniti solo dalla passione per la musica, imparano a conoscersi proprio attraverso quest’ultima. Thibaut, un celebre direttore d’orchestra, si ammala di una grave forma di leucemia, ha bisogno del trapianto di midollo osseo. Scopre di essere stato adottato e di avere un fratello, un modesto operaio, nel nord della Francia. Forse l’unica vera commedia fuori dai clichè del festival, il terzo film di Emmanuel Courcol arriva dopo il notevole Un triomphe. Courcol riesce a far convivere generi e tematiche differenti, il dramma e l’affresco sociale, il cinema di denuncia, ma sempre in modo ironico e senza alcuna caduta di stile. Benjamin Lavernhe e Pierre Lottin ne sono i due interpreti perfetti. Titolo italiano, “L’orchestra stonata”. Uscirà il 5 dicembre.
Niki de Céline Sallette: Parigi 1952, Niki si trasferisce in Francia con il marito e la figlia, lontana da un’America e da una famiglia soffocanti. Ma nonostante la distanza, Niki è regolarmente scossa dai ricordi della sua infanzia che invadono i suoi pensieri. Dall’inferno che scoprirà, Niki troverà nell’arte un’arma per liberarsi. A più di vent’anni dalla scomparsa non perde colpi il fascino che l’artista plastico Niki de Saint Phalle continua ad esercitare. L’artista, femminista d’antan, ha provato sulla propria pelle il dominio maschile nella sfera pubblica e privata, è stata una delle prime scultrici a lasciare opere di un certo livello nello spazio pubblico. Proprio in Toscana, a Capalbio, ha lasciato un profondo segno del suo passaggio con una delle sue opere più celebri, “Il Giardino dei Tarocchi”. Il film, opera prima di Céline Sallette, è un biopic che racconta parte della vita difficile dell’artista provata da un’infanzia a dir poco traumatica. L’attrice canadese Charlotte Le Bon le somiglia come una goccia d’acqua e incarna perfettamente il dramma personale dell’artista, prima della scelta di una nuova identità col pseudonimo da cui potrà ripartire liberandosi dai dagli incubi del passato e dalla marginalità a cui era stata confinata.
Mon inséparable di Anne-Sophie Bailly: IL FILM VINCITORE. Già in Concorso al Festival di Venezia 2024 nella sezione Orizzonti il nuovo film di Anne-Sophie Bailly vede Laure Calamy nel ruolo di una madre, anch’essa con problematiche irrisolte, costretta ad occuparsi di un figlio fragile che è seguito da una struttura. Laure Calamy conferma quanto di buono ci ha fatto vedere negli ultimi anni. Anne-Sophie Bailly si dimostra regista matura. Non era semplice riuscire a padroneggiare il tema della disabilità e della precarietà sentimentale in una dimensione esistenziale, senza scendere nel patetico.
Leurs enfants après eux di Ludovic e Zoran Boukherma: PREMIO MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA. Ultima opera dei gemelli Boukherma, film di formazione sui generis, è tratto dal romanzo omonimo di Nicolas Mathieu, Premio Goncourt nel 2018. La trama si dipana in un’area post-industriale repressa nella regione del Grand Est francese durante tre estati, dal 1992 al 1998. Un banale screzio dà l’origine all’astio fra Anthony e Hacine, due adolescenti di famiglie operaie provenienti da due contesti molto differenti tra loro. Malgrado il film forse sconti un’eccessiva durata non perde mai il ritmo, anche grazie agli innumerevoli cambi di registro, fra il sentimentale e l’affresco sociologico. Anche l’immancabile violenza non è mai fine a se stessa. Paul Kircher si conferma uno dei giovani attori più interessanti della sua generazione. Colonna sonora azzeccatissima con grandi pezzi dell’epoca.
Père et fils di Michel Boujenah: Ultima interpretazione del compianto Philippe Noiret arriva finalmente, vent’anni dopo, in Italia suggellando una promessa fatta da Boujenah a Noiret. Già attore nell’ultimo Lelouch, Boujenah dirige un film vecchio stile in cui Léo, anziano padre, pur di ritrovare l’affetto dei suoi tre figli, s’inventa una malattia e un intervento chirurgico per convincerli ad accompagnarlo nel Québec dove cercare di riavvicinare due dei fratelli che non si parlano da anni. Philippe Noiret sornione giganteggia in un film con un cast azzeccatissimo. Visto oggi per la prima volta fa un po’ specie vedere le cabine e le schede telefoniche che sembrano ormai appartenere ad un’altra epoca.
Le choix di Gilles Bourdos: VINCENT LINDON VINCITORE DEL PREMIO SPECIALE 2024 ‘per l’intensità, l’originalità, la potenza di un film senza alcun compromesso’. Vincent Lindon ha dichiarato che per una sua precisa scelta non fa mai dei remake, ma per questa versione francofona di Locke di Steven Knight (2013), ha fatto un’eccezione. Scelta quantomai azzeccata in un film ancora più breve dell’originale. Joseph Cross guida di notte direzione Parigi per assistere alla nascita di suo figlio ed è costretto a prendere decisioni che possono rimettere in gioco tutta la sua vita. Camera fissa in primo piano, un monologo in presa diretta mentre parla in vivavoce in auto con i familiari, 77 minuti di adrenalina pura! Un premio meritatissimo per l’interpretazione di Lindon che con la sua mimica riesce persino a superare quella di Tom Hardy.
La bête di Bertrand Bonello: Nel 2044 l’intelligenza artificiale ha rimpiazzato gli esseri umani praticamente ovunque; un uomo e una donna che si riconoscono senza apparentemente essersi mai visti si sottopongono a un procedimento per rivivere le vite precedenti allo scopo di resettare il proprio DNA dalle emozioni scomode. Liberamente tratto dalla novella The beast in the jungle di Henry James e presentato in sala dallo stesso regista non ha vinto alcun premio, ma è senza dubbio il film più originale della rassegna, un melodramma fantascientifico e distopico che si snoda tra il passato e un futuro prossimo e che strizza l’occhio ai grandi classici del genere. Assolutamente da vedere in versione originale. Il doppiaggio in lingua italiana non ha assolutamente senso perché le lingue del film sono francese ed inglese e spesso alternate, anche negli scambi in alcune singole scene. Attesissimo sugli schermi insieme a The Substance di Coraline Fargeat, altra deriva tecnologica, un body horror futurista in salsa cyberpunk. Avrebbe meritato un premio.
Le Royaume di Julien Colonna: PREMIO SGUARDI MEDITERRANEI. Corsica, 1995. Lesia, adolescente che vive con la zia si gode l’estate con il suo ragazzo, ma un giorno un uomo la viene a prendere e su ritrova col padre in una villa isolata nel mezzo della macchia corsa. È scoppiata una faida e clan guidato dal padre si ritrova nel mirino. La vendetta e la morte la fanno da padrone in una guerra tra bande che potrebbe assomigliare a tanti altri film di genere. Oltre all’ambientazione, una Corsica arcaica e a volte spettrale e ostile, la novità è proprio il finale aperto che sembra presagire a una possibile redenzione.
Mikado di Baya Kasmi: PREMIO FOGLIA D’ORO DEI GIOVANI. Mikado e Laetitia, in fuga dal loro passato, conducono uno stile di vita alternativo a bordo di un furgone con i loro figli istruiti da loro, Nuage (13) e Zephir (7). Un giorno, mentre aiutano Vincent, la cui macchina è in panne, il loro furgone si rompe. Un pezzo deve essere sostituito e verrà consegnato solo dopo 3 settimane. Questo imprevisto li costringe a dover condurre una vita in qualche modo “normale” durante l’estate ospitati nel giardino di Vincent. Per Nuage e Zephir 3 settimane nello stesso posto sono un assaggio più che sufficiente per sentire la mancanza di una vita normale. Opera di rara sensibilità e delicatezza sostenuta da un gruppo di attori in stato di grazia, Félix Moati e Ramzy Bedia strepitosi!
Le déluge di Gianluca Jodice: Una coproduzione Italia – Francia molto ambiziosa, ma il film si rivela una gran ‘pacchianata’! Truffaut e i Jeunes Turcs chiamavano operazioni del genere «cinéma de papa». Non si sentiva proprio il bisogno di un altro film storico dedicato a Luigi XVI e a Maria Antonietta. Un film che ha l’estetica di un Grom store, freddo come un carcinoma che ti consuma lentamente. Quanto avevamo amato “D’Annunzio” quanto non abbiamo capito il senso di un tale progetto. La narrazione prende il via quando la coppia reale viene condotta alla Tour du Temple in attesa del processo che poi li condurrà entrambi alla morte. L’idea di scandagliare l’atteggiamento dei due ex sovrani di fronte alla tragica sorte che va prefigurandosi poteva anche essere buona, ma malgrado il cast a 5 stelle (Mélanie Laurent, Guillaume Canet, Daniele Ciprì alla fotografia) quello che ne viene fuori è un film piuttosto algido, senza calore che sembra proprio costruito a tavolino per assecondare l’ego e le manie di grandezza del regista, già collaboratore di Sorrentino. Jodice dopo la proiezione in sala si è sforzato di essere simpatico a tutti i costi ed è sembrato insofferente alle domande del pubblico. Il film sarà in sala il prossimo 21 novembre.
Jouer avec le feu di Delphine e Muriel Coulin: Con questo film Vincent Lindon ha ottenuto l’ambito riconoscimento della Coppa Volpi nel ruolo di un ferroviere inappuntabile, un padre che vive per i suoi due ragazzi. Mentre il figlio più giovane riesce ad iscriversi alla Sorbona ed è in prossimo a trasferirsi a Parigi, Fus (Benjamin Voisin), il primogenito comincia a frequentare alcuni ragazzi appartenenti a un gruppo neofascista. L’assioma del film si può riassumere in queste domande: Fino a che punto si può continuare ad amare un figlio se questi sviluppasse idee e comportamenti diametralmente opposti ai nostri? Siamo veramente in grado di perdonare proprio tutto? Le sorelle Coulin confezionano un film tutto al maschile in cui c’è molto della Francia odierna. Il film uscirà in Italia a gennaio 2025 con il titolo “Noi e loro”.
La piscine di Jacques Deray: Un sentito e doveroso omaggio ad Alain Delon in uno dei suoi film più celebri. Una villa con piscina in Costa Azzurra è teatro di un sordido ménage fra due coppie, una giornalista e uno scrittore fallito e un amico play-boy in visita con la figlia. Un cast straordinario con due favolose Romy Schneider e Jane Birkin, nel loro momento migliore. Oggetto di due remake A Bigger Splash diretto da Luca Guadagnino e Swimming Pool per la regia di François Ozon, ma entrambi non possono vantare un Delon nel cast.
WALTER TASSAU