HIBOU MOYEN Fin Dove Non Si Tocca

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Hibou Moyen alias Giacomo Radi è un musicista attivo fin dal 2011 facente parte del collettivo Private Stanze per cui ha già registrato due album Inverno nel 2014 e Ancora Inverni nel 2015. Pubblica quello che forse sarà considerato il suo migliore album Fin Dove Non Si Tocca l’11 Novembre del 2016 (ammenoché non riesca a superarsi in futuro). Il suo sound si avvicina al folk rock appalachiano e canadese del nuovo millennio (Iron And Wine, Devendra Banhart, Fleet Foxes). In questo senso riecheggia a sua volta come negli artisti di cui sopra dinamiche musicali che aggiornano alla nuova sensibilità depressa e nostalgica la lezione dei grandi menestrelli del folk come Donovan e John Denver o i sognatori introspettivi come gli Everly Brothers o i filosofi disperati come Mark Kozelek (il mitico leader dei Red House Painters e ora dei Sun Kil Moon). Da ognuno di questi artisti ricava qualcosa per tratteggiare una sensibilità musicale e concretamente una serie di acquerelli impressionisti e lacerati dal mal di vivere, con una musica ridotta al minimo cantata in maniera confessionale e con testi che sembrano non concedere rivincite al senso di depressione generale che permea l’intero lavoro. La sua chitarra inanella sistematicamente una serie di accordi soffusamente melodici ma anche sistematicamente cupi e agonizzanti. In pratica le sue canzoni sono tanto gaie e vivaci quanto potrebbero esserlo le preghiere di un moribondo.

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L’album scorre così dolorosamente non tanto come una discesa negli inferi ma come un eterno vagare nelle lande desolate di un limbo eterno. E tuttavia questi mantra disperati rilucono di un’arcana e toccante bellezza. Il disco inizia col deliquio pianistico (e come potrebbe essere altrimenti) di Il Naufragio Del Nautilus che ricorda i pezzi più depressi di Nada; e si riallaccia così alle figure più sconosciute ma notevoli del cantautorato italiano. A questo filone appartiene infatti l’umile piccolo cantautorato di Unghie e la milonga alla Paolo Conte di I Miei Nodi. Più vicina alle tradizioni del folk rock americano sono il folk rock onirico di Efelidi (che è anche il singolo apripista dell’album) che rinverdisce i fasti della psichedelia anni ’60 e quello più intricato e subliminale di Muro E Lichene per tremolo di chitarra acustica e lontani rintocchi della chitarra elettrica effettata di Andrea Gozzi. Dopo l’insolito intermezzo di Cara Realtà che è in realtà un power pop semiacustico e cadenzato (tanto da sembrare il pezzo più vitale dell’album) inizia la seconda parte dell’album che è più metafisica (Linfatica) e notturna e sonnambulica (Luscengola con rintocchi di piano elettrico e Pallida Erba). La filastrocca acustica altamente emotiva di Canzone di Balene che si perde in un disperato coro di morti chiude quest’album calligrafico, trasognato, intriso di trepidanti cantilene che ricordano in ogni nota quanto sia futile vivere ma che sono capaci di esplorare profondità e altezze di quell’ampio spettro che sono i sentimenti umani. Anche solo per questo considero quest’album bellissimo. Per chi non lo sapesse, in realtà Hibou Moyen è il nome francese del gufo comune.

di Alfredo Cristallo

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