VANARIN Overnight

I Vanarin sono una band bergamasca nata nel 2015, nata da un idea del musicista italiano (ma
inglese di nascita) David Paysden (voce, chitarra, tastiere). Profondo conoscitore delle radici del pop britannico , Paysden ha sviluppato un sound che esplora le mille declinazioni del pop e del prog più commercial, accettando influenze dai Beach Boys, dal R’n’B, dal soul (statunitense e britannico), dal funk e dall’hip hop, più in specifico dalla trap music (un sottogenere sviluppatosi in USA negli anni Novanta).

La line-up comprende, oltre a Paysden, Marco Sciacqua (chitarra, basso, voce e percussioni), Giuseppe Chiara (voce, chitarra, tastiere), Massimo Mantovani (voce, basso chitarra) e Marco Brena (batteria, percussioni). Il gruppo ha esordito con un EP omonimo, autoprodotto, nel Gennaio 2017 a cui è seguito un tour di circa 50 date. Grazie alla collaborazione di Roberta Sammarelli nelle vesti di manager, il gruppo ha pubblicato il suo primo LP Overnight uscito il 23 marzo 2018 per la Woodworm/Audioglobe/Artist First. Il nuovo LP è caratterizzato da un sound estremamente variegato, dalle mille sfaccettature dove i vari generi musicali vengono mescolati con indubbia capacità tecnica ed espressiva. Specularmente anche gli arrangiamenti risentono del continuo ricorso a tecniche analogiche e digitali. Il risultato è quasi un album concept che non ruota attorno a un’idea o a una narrazione di base (come nei concept album degli anni Sessanta e Settanta) ma individua proprio nella contaminazione dei generi la possibilità di produrre un nuovo standard musicale che risulti orecchiabile, composito e privilegi quindi un discorso musicale lasciato libero di svariare fra tremila generi creando nello stesso tempo un’atmosfera variopinta e idilliaca perforata da squarci di follia. Contestualmente il programma musicale dell’album muta continuamente direzione e arrangiamento a seconda delle preferenze e
delle intuizioni del gruppo. Se le maggiori preferenze vengono accordate al pop beatlesiano
(Jellypie, il saliscendi emotivo di Tulpa) vi è comunque spazio per assaggiare il prog commerciale dei tardi Yes (It’s In The Sky), il revival R’n’B (Step In The Light), la tarda psichedelia dei Teardrop Explodes (Holding, un boogie con suggestioni estive), l’hip hop risciacquato nelle onde del soul metropolitano (Lose My Cool) e poi ancora il soul contaminato nel pop commerciale (Hanging From A Cloud, Lights Out che usa arditamente partitur prelevate in ugual misura dai Talking Heads e dai Jamiroquai). I picchi sono forse I Wouldn’t Mind un altro beat teatrale degno dei Kinks (in realtà una delle vette formali del pop britannico, un gradino più dei Beatles) e il surf pop alla Beach Boys di A Question Of Time (con echi del soul sofisticato di Paul Weller). Curiosamente il meglio arriva alla fine. L’album può forse sembrare dispersivo ma in realtà è stato pensato, preparato e realizzato dando risalto alle idee e alla spinta creativa del gruppo; il fatto che sia stato registrato in presa diretta valorizza il prodotto finale e le potenzialità del gruppo. La produzione è degli stessi Vanarin.

 

di Alfredo Cristallo

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