Aléxein Mégas (il cui vero nome è Antonio Alessandro Pinto) è un compositore elettronico di Casalvelino Marina (SA). Il suo primo lavoro, autoprodotto, intitolato White Bird, uscito in data 8 ottobre 2018, lo innalza al rango di enfant prodige della trance dance, ispirata alla musica ambientale in voga nei rave britannici degli anni Novanta. In realtà la musica di Mègas prende le mosse dalla Kosmische Musik tedesca degli anni Settanta riproponendone l’afflato metafisico e il sensazionalismo da colonna sonora, la maestosa ed elegante lentezza e la fredda e ingenua ridondanza, la fluida improvvisazione elettronica e la smisurata paranoia. La sua musica è una prosecuzione di quella psichedelica dei Pink Floyd ma nel segno di una manipolazione elettronica più cosciente e pronunciata dove le parti strumentali e più raramente quelle vocali vengono lasciati fluttuare in un lento e languido magma sonoro. Questo mix di synth-pop, techno e free jazz sfiora l’avanguardia nel momento in cui poggia su un’impalcatura strumentale di tipo orchestrale su cui vengono innestati segni di stili sonori che danno all’intera opera un effetto straniante e visionario. L’album è di fatto un concept-album poiché documenta attraverso la musica un intimo percorso di liberazione personale, esattamente come l’acid rock degli anni Sessanta preludeva all’espansione delle coscienze. Peraltro a questa operazione non sono estranei i continui riferimenti all’elettronica retro-futuristica degli anni Ottanta. Allo stesso tempo le tecniche digitali portano la musica di Mégas a creare un ponte fra le poesie elettroniche del passato e le tecniche di musica ambientale e digitale del terzo millennio. Una parte di questa operazione è quindi rappresentata da brani come la suadente chill out iniziale di I Am A Shadow avvolta nelle spire dell’elettronica alla Klaus Schulze, nella semplice canzone pop di Bring Me To Life infiltrata da divagazioni di reggae e new wave modernista alla Japan, nella scultura sonora impressionista di Disconnected che rielabora l’ambient minimale di Julia Holter, nel trip hop tribale di I Just Wanna Feel Good con echi di Notwist e Lali Puna, nell’epica Vector Space che trascende l’etno-world di Peter Gabriel, nella finale Rays Of A Warm Sunset una specie di colonna sonora fantascientifica basata in realtà su una giga irlandese e inframmezzata da stacchetti del tema d’apertura della serie televisiva X-Files. Appartengono invece a un percorso creativo più personale il trip-hop soffuso di Midnight Lullaby, il mix fra elettronica ed easy-listening di An Electric Love, il deliquio pianistico di Life In A Box e il trip-hop marziale della title-track arricchita da inserti acustici e fiatistici. Questa musica in cui ogni canzone pare derivare da processi diversi e mirare a scopi diversi è costantemente tratteggiata da onde sonore cristalline e da rifrazioni tremolanti in continuo movimento verso l’universo (esterno o interno alla persona) tramite nebulose fluttuanti di modelli armonici ad incastro. Il suggestivo caleidoscopio di elettronica, neoclassicismo e minimalismo permette a Mégas di coniare un nuovo format musicale per artisti del ventunesimo secolo.
di Alfredo Cristallo