SLOW WAVE SLEEP Spiro Nell’Ecosistema

Il progetto Slow Wave Sleep nasce nel 2015 come progetto dello scrittore e musicista lucano (ma
da tempo trapiantato a Bologna) Emilio Larocca Conte (voce, chitarra). L’idea è quella di trasporre
in musica il suo diario personale. Conte inizia a studiare musica elettronica e ha avuto diverse
esperienze musicali in Germania, Francia ed Est Europa e inizialmente produce musica per colonne
sonore ispirate ai dipinti di Max Ernst, alla letteratura di Franz Kafka, alla musica drammaturgica di
Richard Wagner, alla cinematografia di Buster Keaton e alla musica visionaria di Bjork, King
Crimson, Gorillaz e Rammstein. L’intera produzione è centrata sulla vita di un personaggio fittizio
Refles e consiste in una trilogia intitolata Hypnagogic (2015) comprendente un concept album, un
cortometraggio e una suite di chitarra di tre ore composta insieme a 43 fra musicisti e compagnie
indipendenti. Nel 2017 firma per la label Cockroach International Production e pubblica il suo
primo album intitolato L’Ultimo Uomo che esce a gennaio del 2018 ed è un lavoro eclettico che
fonde rock, elettronica e musica classica. Qualche mese dopo esce il secondo album Chroma e
Conte forma una band per i concerti composta dal fratello Gabriele (batteria), da Gilberto Ongaro
(tastiere, synth, cori) e da Stella Canonico (basso). Il gruppo si imbarca in vari tour in tutta Italia e a
Febbraio del 2019 (intanto si è aggiunto il chitarrista Andrea Cascini) entrano in studio per
registrare in presa diretta il terzo album che esce per la A/R Music/Nylasphere Music il 25 marzo
2020 col titolo di Spiro Nell’Ecosistema. Protagonista dell’album è ancora Refles un essere fatto di
plasma , gelatinoso ma elegante che si esprime solo attraverso i suoi flussi di coscienza (non è
quindi un organismo antropomorfo). Lo stile musicale è ancora eclettico e la prima impressione è
che il sound vorticoso e surreale denso di atmosfere oniriche, senso del fiabesco, testi poetici e
contrappunti raffinati abbia una funzione catartica e metafisica (i riferimenti ai trip eretici dei
Pearls Before Swine è fin troppo evidente). In realtà ogni brano nasconde nevrosi terribili che
amplificano ora le atmosfere malate e decadenti del Neil Young più elettrico, ora i collage folk
segnati dal l’etica postmoderna dei Neutral Milk Hotel fino ad assomigliare a una versione new age
o pan-etnica dei Red Krayola tanto scoordinato e squilibrato quanto i Red Krayola ma allo stesso
tempo facile vittima di un suono contemplativo e meditativo come la new age. I paradigmi delle
loro architetture musicali sono la musica classica (il lied per piano e vice di Guruda e quello per
chitarra e voce di Parresia (che si distende in toni fiabeschi e pastorali propulsa da chitarra e piano
jazz e conclusa da un assolo di tromba), la musica caraibica (Ragnarok con intro di frequenze radio
e progressione power pop con stacchi di tromba e inserti di chitarra e archi, il synth pop a passo di
reggae di Valzer Nero) e sudamericana (il tango sfrenato di Elogio Della Follia) e soprattutto il folk
pop. Quest’ultimo può assumere forme semplici come nei folk pop romantici di Angela e Fiore Di
Loto (con echi di elettronica cosmica), può sdipanarsi in forme più variegate come in Caveat
Emptor (che scorre fra inserti di musica concreta e si eleva in un power pop trionfale propulso da
flauti e accordi di chitarra jazz) e assurgere in architetture intricate come nella chilometrica Shiroi:
un folk rilassato iniziale che si trasforma in uno ska d’assalto con stacchi di chitarra e piano jazz,
intermezzo cosmico, surf con twang di chitarra, ritorno a un folk rilassato con tocchi di synth
finchè non rimane solo la voce che recupera toni cantautorali e rilassati per ritornare ad uno ska
alla Bandabardò e concludersi di nuovo in toni pastorali con tocchi delicati di campanelli e piano
elettrico. E’ il loro brano più complesso (nonché quello più lungo: dura 11 minuti) ma anche una

lunga cavalcata lisergica che reinterpreta il raga rock alla luce della civiltà psichedelica e dei canoni
totali del rock. La musica dei Slow Wave Sleep conta soprattutto come flusso di suoni liberi che si
accavallano senza un ordine predefinito come il corso mutevole e imprevedibile di un torrente: in
questo senso è imparentata con le opere free form di Robert Wyatt e con jazz-rock più barocco.
La schizofrenica arte compositiva dei Slow Wave Sleep sono ballate delicate che nascondono un
animo da serial killer.

di Alfredo Cristallo

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