Agli inizi del 2020, Ferri decide di riesumare i suoi archivi e pubblica l’album quintuplo Fast
Forward. Il primo volume intitolato The Blue Sunsets Of Mars si chiudeva disegnando il passaggio
da un’elettronica perlopiù inerte e ambientale a un’elettronica più sperimentale e più popular.
Questa prassi viene compiutamente formalizzata ed estesa in Fast Forward Vol. 2 Wandering
Through Electrocities che esce il 2 aprile. In questo secondo album ( e in soli 24 minuti), Ferri si
ispira in ugual misura alla world music, alla musica d’avanguardia, al krautrock cosmico e all’acid
rock pervenendo a una sintesi inquietante e pervasiva di 3 mondi culturali: la musica hippie
californiana, il post-espressionismo tedesco e le sperimentazioni etno-rock degli anni Ottanta.
Traboccante di un fervore panico che coniuga le saghe galattiche di Asimov e i profeti
dell’Apocalisse, le miniature di Ferri (solo un brano supera i 5 minuti) vengono lasciate fluttuare
nel nulla siderale fra distorsioni elettroniche, risonanze, riverberi e ronzii dei sintetizzatori (Been
To Berlin in 1988, un ambient alla Brian Eno, Disconnected In The Crowds con battito alla Kraftwerk
prima maniera). A questi pattern vengono di volta in volta aggiunte variazioni di arrangiamento
che sfiorano la world music di Jon Hassell (l’elettronica applicata ai gamelan percussivi e ai fiati
futuristi di Electrgypsies e Out Of Sync In Amsterdam, la scultura sonora e panoramica di Night-
Flight To Somewhere), la glitch music di Murcof (Less Than 1 Minute in 1966), la concrete music
rimpicciolita a una serie di sussurri e bisbigli in un paesaggio post-atomico (Elevator Shangai), il
dub elettronico (Working In Line le cui interferenze cosmiche e i bisbigli vocali sono reminiscenti
del My Life In The Bush Of Ghost di Brian Eno e David Byrne) e infine il trovadorado magniloquente
alla Vangelis (Some Quiet Place). In questo primo capitolo Ferri è contemporaneamente alla
ricerca di un timbro sonoro misterioso e arcaico che vale da solo più di qualsiasi sinfonia e nello
stesso tempo di una texture carica di suspence misteriosa e di apoteosi galattiche: le sue sono
visioni che scorrono al rallentatore e riverberano all’infinito simulando il perenne e solenne moto
delle nebulose.
Rispetto alla complessità strutturale e al titanismo del secondo album, Ferri opta nell terzo
capitolo della serie, Fast Forward Vol. 3 The Piano Sessions (pubblicato il 3 aprile 2020) per una
musica più dimessa e austera. Questa volta le sue composizioni sono persino più minuscole del
precedente LP (l’intero album dura solo 18 minuti) quasi tutte per solo piano e altri occasionali
strumenti (flebili accenni di chitarra o elettronica) che tratteggiano un approccio dell’artista
maggiormente indirizzato a una sorta di solipsismo artistico che si traduce nello stesso tempo in
un dialogo solitario dell’artista con lo strumento nella costante ricerca di saggiare le possibili
alternative di interazione fra musicista e strumento utilizzato oppure a un flusso di coscienza
sonoro a cui gli ascoltatori sono gentilmente invitati a prender parte per trovare sensazioni intime
e riannodare un muto dialogo con il proprio Sé, attraverso la percezione uditiva della frase
musicale. I riferimenti prediletti di Ferri sono il romanticismo ottocentesco di Chopin, Schumann e
Beethoven ma non mancano sottotraccia i riferimenti alla musica contemporanea d’avanguardia
da John Cage ed Edgar Varese e alla traduzione di quest’ultimi nel campo della musica pop (da
Battiato al bozzettismo paesaggistico di Virginia Astley). Le forme preferite di questa musica che
sembra costantemente ritrarsi in sé stessa o volteggiare nell’aria come una piuma sono la sonata
(Archive 4 alla Keith Jarrett, Archive 6 e 12 con sottofondo elettronico), il lied da camera (Archive 7
per piano, sussurri e sottofondo di elettronica e Archive 3 per piano e chitarra acustica) o il tenue
quadretto impressionista (Archive 15 architettato su contrappunti di solo piano, Archive 11 dove
invece il piano contrappunta la chitarra). Questa musica mestamente decadente, che ricorda un
po’ le colonne sonore dei film muti finisce per dare spazio al virtuosismo pianistico di Ferri peraltro
sempre al servizio delle emozioni come nel tenerissimo carillon notturno di Archive 9. Fast
Forward Vol.3 si situa oltre il minimalismo per disegnare un’ipotesi totale di musica
contemporanea capace di indagare tanto le profondità della coscienza quanto di smuovere le
stesse in un purissimo anelito metafisico.
di Alfredo Cristallo