FIREGROUND Fireground

I Fireground sono una band campana proveniente dai Campi Flegrei. Nascono nel 2016 da un’idea di Roberto Vangoni (chitarra, synth; ex Starviolet) a cui si aggiungono gli amici d’infanzia Enrico Imparato (batteria), Fabrizio Sensini (basso) e Marco Franzese (voce). Dopo una prima demo autoprodotta, il gruppo entra in sala di registrazione per la compilazione del primo album omonimo che esce il 16 aprile 2021 anticipato da tre singoli per la Vrec con la produzione di Pietro
Foresti (già collaboratore di Korn, Guns and Roses, Asian Dub Foundations e Unwritten Law) e la supervisione dello stesso Foresti e di Matteo Agosti. In questo debut album i Fireground hanno saputo creare un sound che come quello degli Smashing Pumpkins (gruppo a cui sono spesso paragonati) sa dosare al meglio le scudisciate hard rock, la ferocia del grunge e le tessiture folk
psichedeliche pervenendo a una forma di power ballad che lambisce il sentimentalismo e l’effettismo dei Cranberries senza rinnegare il grunge epico dei Pearl Jam. Specialmente nei primi tre brani (la neopsichedelia sanguigna di Hang on 2 U con sovratoni epici e quella romantica alla Bangles di Don’t Say A Word, la ballata elettrica con tocchi di chitarra acida di Aphrodite) i Fireground creano un sound che incorpora crudo realismo e armonia abrasive, tensione drammatica ed elementi di acid e raga rock (come nei gruppi del Paisley Underground). Le chitarre
tornano tonanti con Carry On e Land due grunge alla Alice In Chains e con Worm (che ruba il riff iniziale di Smells Like A Teen Spirit).

Ma in realtà quello che alla band riesce meglio è unire i due stili come nella ballata semiacustica di Sometimes (un country neopsichedelico alla Rain Parade con una coda grunge alla Pearl Jam) e optando alla fine per toni più rilassati nel saggio filologico di neopsichedelia di Take It Slow e nella ballata acustica dai toni ariosi ed eterei di The Wave, l’unica
canzone ad essere cantata in italiano (anzi in dialetto napoletano). L’iperrealismo psicotico unita all’aggressività frustrata crea una chimica che esplora e rivela in termini sconvolgenti il panico esistenziale della generazione post-tutto. Il cupo registro confessionale di Franzese, tramandando gli incubi di Dylan e Reed rappresenta un lugubre commentario alla nuova crisi generazionale. La prassi del gruppo riporta le lancette del genere ai tempi dei Dream Syndicate, dei DMZ di Jeff
Connelly e dei Fuzztones. Eccellente la maestria tecnica di Vangoni uno dei pochi chitarristi capaci di far sanguinare il suo strumento. Molto bella la copertina opera del cantante Marco Franzese che è anche il regista dei videoclip che accompagnano i primi singoli usciti. Il disco è stato pubblicato solo sulle piattaforme digitali (tutte quelle principali e anche qualcuna che neanche conoscevo) ma è disponibile una versione CD in tiratura limitata.

di Alfredo Cristallo

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