Quattro barzellette semiserie

Uomo allo specchio…

Dopo un intenso scambio di riflessioni sulle diversità di genere, Lei sbòtta «Ah! Se tutti gli uomini fossero belli e intelligenti, sarebbero donne!» Lui ribatte prontamente «Ah! Se tutte le donne fossero brutte e stupide, sarebbero uomini!» Lo specchio risponde ad entrambi «Infatti eccovi qua, mentre vi schernite a vicenda, tu maschio rifletti il femmineo che trovi in Lei, e tu femmina rifletti il mascolino che trovi in Lui!»

Al Cyber Café…

Tre giovani dal sesso indefinito si ritrovano al Cyber Café per discutere sulla questione di smettere di fumare. Preoccupati per la propria salute, cercano di proporre delle alternative più salutari: c’è chi dice di fare più sessioni di elettro stimolazioni neuronali e chi dice di fare più sesso virtuale, mentre il terzo ha una proposta ancor più estrema «È inutile assecondare i capricci del momento se la nostra mente fluida continua a restare confinata in un corpo fisico che a stento riconosciamo. Secondo me dovremmo porre il proprio corpo in sospensione fisiologica, tanto quel che gli serve, è solo il primo gradino della Piramide di Maslow. E una volta liberi da questi confini – con le mani si tocca le parti intime – il nostro IO digitale sarà libero di immergersi nel Multiverso Virtuale. Solo così potremmo raggiungere l’apice della Piramide!».

Ma intanto l’ennesima sigaretta accesa li riporta ai problemi attuali: la vita troppo stressata, il troppo tele-studio, la forte competitività tra studenti, i lavoretti on-line mal pagati in valuta elettronica non convertibile, per non metterci le continue pretese dei genitori surrogati ridotti a oggetti fastidiosi. Tutto ciò li porta a considerare l’ineluttabile: Non c’è via di scampo ad un vizio iniziato per gioco, emulazione o sfida, e liberarsi da certi vincoli fisici è costoso e pericoloso.

Quando notano in disparte un loro coetaneo che sta sorseggiando una tazzina di caffè, allora gli chiedono la sua opinione in merito. Esso o essa che sia, finisce il caffè e dice «Eh, che volete che vi dica… fumo solo dopo il caffè!»

 

«Brav@*!» Dicono gli altri «Berrai al massimo due o tre caffè al giorno?» E lui/lei, con occhi sgranati «No! Ne bevo quindici!»

(*Brav@ si pronuncia BravAO se il sesso di partenza del soggetto era femminile; BravOA se il sesso di partenza era maschile.)

Al teatro…

La commedia finisce e il pubblico applaude abbondantemente, tranne un Tizio che se ne sta in silenzio a braccia conserte. Il Caio accanto gli dice sbigottito «Perché non applaudi? Non ti è piaciuta la commedia?» allora il Tizio gli risponde «Come no! La commedia è stata esilarante e ricca di contenuti sui quali pensarci sopra, ma dubito che tutti questi…» indicando il pubblico, «…lo faranno una volta usciti. Ma d’altra parte, cosa dobbiamo fare? Si viene al teatro per svagarci un po’; per evadere dalla spettacolarizzazione del dramma o dalla drammaticità dello spettacolo che ci assale ogni giorno fuori dal teatro. E a questo punto te ne faccio io una domanda: applaudiresti mai a un funerale?» e Caio sorpreso dalla domanda «No! Mai!» … «Vedi?» continua il Tizio «sei una delle poche persone attente… quest’altre invece, applaudono indistintamente, sia che assistano ad uno spettacolo, sia che assistano a un funerale, dove si dovrebbe esigere rispetto e silenzio per il defunto. Applaudono automaticamente senza capire la drammaticità del momento! Come in questo momento gioioso, così come nel momento funereo, l’applauso è stato stimolato da qualcosa di esterno a loro. Un po’ come il “cane di Pavlov”, che sottoposto allo stimolo sonoro del campanello, scodinzola in attesa della pappa scodellata. Ecco, questo scroscio di mani è la conseguenza di un riflesso condizionato indotto nello spettatore dalla chiusura del sipario e dall’inchino degli attori! E perché no! Anche le emozioni scaturite nel momento, convincono lo spettatore ad una reazione spontanea, ma non appena finita la commedia e gli spettatori sciamano fuori dal teatro, anche la chimica delle emozioni si volatilizza, lasciando come residuo fisso un vago e lontano ricordo di ciò…» Caio sgrana gli occhi e mentre si allontana squittisce come un topo preso dalla coda «Ma come sei strano tu! Non ti capisco…». Allora il Tizio si alza anche lui e applaude.

 

Immagine d’archivio provvisoria in attesa di una foto originale

 

Francesco Matteoli ©

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