Gli Upanishad sono una band fiorentina formatasi nel 2000. La loro prima line-up comprendeva
Vanni Raul Bagaladi (voce, chitarra), Lapo Zini (batteria), Filippo Tatini (chitarra) e Martina Biagi
(basso). Nel 2006 la Biagi lascia il gruppo e viene sostituita da Niccolò Ridi che spinge il gruppo
verso un crossover orientato ad un approccio hard-progressive. La nuova formazione ha creato
materiale originale battendo poi i palchi cittadini e partecipando a vari contest locali e nazionali. La
vittoria in uno di questi contest ha permesso loro di pubblicare un primo EP omonimo di 3 brani.
Hanno quindi iniziato ad allargare l’area delle partecipazioni in contesti extra-regionali e
guadagnandosi l’attenzione di vari blog e fanzines che li hanno giudicati una fresca novità nel
settore dell’alternative metal. Nel 2010 hanno deciso di registrare il loro primo LP ma la defezione
di Ridi e Tatini hanno bloccato i lavori per due anni. Nel 2012 ai due membri originali Bagaladi e
Zini si è unito il nuovo bassista Mirko Bazzocchi. La nuova formazione ha composto nuovo
materiale più complesso e più psichedelico facendosi notare dal Boomker Sound Studio che li ha
aiutati a pubblicare un album live. Nel 2017 hanno iniziato a registrare il loro primo album
Crossroad che è uscito nel Gennaio 2019 per la Red Cat Records. L’anno successivo hanno iniziato
le registrazioni del secondo album, intitolato Reverse Reflection, che è uscito l’11 febbraio 2022 di
nuovo per la Red Cat Records. Nel nuovo album, gli Upanishad creano un affascinante maelstrom
sonoro che mescola hard rock, funk, psichedelia e grunge. Lo stile è affilato e sanguigno e in un
certo senso si muove fra l’hard rock più classico (Time vs Einstein, The Cat Is In The Car e Love And
Will alla Black Sabbath), l’hard progressivo di The Truck (con arrangiamenti flamenco) scivolando
agilmente verso arrangiamenti più maturi e complessi. Le stravaganze hard rock sono ora
amalgamate senza traumi in un flusso di suoni scorrevole. Emblematici di questa nuova veste sono
la psichedelia ambientale di Bubble Trap, quella più classica di Darker Side (con progressioni a
tempi dispari) e The Lover e il mantra psichedelico della title-track che lambisce il raga. Gli
Upanishad assorbono d’altra parte la lezione del dark britannico (Goinom alla Dead Can Dance, la
litania di Day Dream retta da trilli intermittenti di chitarra) così come l’hard blues (Firedrops su
ritmiche zoppicanti), il reggae pop (Bad Name For A Dog) e il western rock (il macabro The Swarm).
E fin qui l’album è una convincente rivisitazione dell’hard blues canonico però rallentato e
appesantito in maniera orrifica o snellito con variazioni timbriche e ritmiche insolite. La vera
sorpresa quindi sono la pastiche iniziale jazz beat di The Stranger, la novelty hard beat di Magik !
(con sottotoni da soundtrack di film Bollywood) e la novelty da music-hall di The Summoners (il
singolo apripista): sono brani che rifacendosi alle vignette dei Kinks spingono le loro ambizioni su
un gradino più alto. Il nuovo album in pratica documenta il passaggio da una fase più scapigliata e
metallara a un sound più vellutato e barocco, nel quale sono sì presenti le scosse epidermiche
dell’hard rock ma trasformate in paesaggi e flussi sonori di rara emotività. Avanti così Upanishad !
di Alfredo Cristallo