Dario Dont (nome d’arte di Dario Bertolotti) è un multistrumentista bresciano. Nei primi anni 2000
ha suonato come bassista e cantante dei Blank Dirt, un gruppo ispirato agli Who, poi ha militato
nei QOTSA e nei Motorpsycho coi quali ha pubblicato 2 EP. Nel 2005 con Giovanni Battagliola dei
Black Eyed Susan ha dato vita ai Don Turbolento dove cantava e suonava la batteria. Il duo era
titolare di un suono scarno ma carico di groove (un mix fra funk ed elettronica) e ha acquistato una
certa notorietà in Italia vincendo il premio come miglior live band al MEI nel 2009. Durante la sua
esistenza i Don Turbolento hanno pubblicato tre album e tre EP. Nel 2017 col suo nickname
comincia a lavorare ad un suo progetto solista e dopo qualche apparizione live registra il suo
materiale ai Monolth Studios di Michele Marelli e dopo l’uscita di tre singoli pubblica il 24 marzo
2023 il suo primo album per la VREC intitolato Grand Jetè. Il paradigma principale di Dario Dont sta
nella sua disinvoltura con cui usa l’elettronica per creare musica pop. Le sue composizioni sono
quadri astratti che bollono e ribollono ma non perdono mai il controllo dell’energia che irradiano e
che convogliano insieme elettronica levigata e melodica intessuta di echi rallentati, cerchi d’acqua,
lenti vortici stellari e distorsioni psichedeliche, prendendo a prestito lo sperimentalismo eclettico
dei Can, il motorik beat dei Neu!, l’ambient romantico dei Piano Magic e il pop raffinato di
Sequoyah Tiger. Il tutto costruito su tempi impossibili con riferimenti al Balletto Di Bronzo e ai
Flaming Lips (due gruppi amatissimi da Dont), gorgheggi stralunati e versi grotteschi di synth e
chitarra. Gli ectoplasmi del sintetizzatore si sposano alle ombre del basso e alle ritmiche
geometriche della batteria facendo del disco un dotto esercizio di affabulazione fra le righe, nella
dialettica fra profondità e ambiguità: Il risultato è quasi degno della musica da camera o del pop
da cameretta fra strascichi ambientali e funambolici balletti astratti. Scorrendo le tracce si passa
dal drone astratto di Neve (il primo singolo) che si tramuta in un’indie pop ritmato e nostalgico,
passando fra le novelty elettroniche della title-track e di Verro e i blues elettronici alla Wilco di
Cuore Aperto e Luce Spenta (con coro di fantasmi nel finale). Preso l’abbrivio Dont si permette di
spaziare e diversificare la sua proposta fra il dub elettronico di Non Fare Rumore (il secondo
singolo) il cui ritmo aumenta fino a deflagrare in un grunge apocalittico, lo ska punk a rotta di collo
di E Si Vedrà, la darkwave di Lama per poi acquietarsi in ballate acustiche e nostalgiche intrise di
psichedelia ed esotismo orientale (A Metà, il terzo singolo e La Finestra Sul Cortile), nel lied
elettronico e acido di Due Di Zucchero raggiungendo un provvisorio nirvana nel drone ambientale
di La Cosa Padre finchè il brano non si tramuta in un deliquio di chitarre alla Spacemen 3.
L’impressione complessiva è quella di un capolavoro non incompiuto ovvero un progetto
minuziosamente pianificato ma solo parzialmente realizzato. Date le forti premesse e le
caleidoscopiche immaginazioni di Dario Dont, l’album probabilmente sprigiona sola la metà della
potenza che avrebbe potuto avere. Ma sicuramente ci sarà tempo di rifarsi: Dont è un’artista da
tenere d’occhio. Dario Dont suona tutti gli strumenti e viene accompagnato alla batteria di volta in
volta da Beppe Mondini, Beppe Facchetti e Michele Marelli. Esiste anche una versione dell’album
in CD e Cassetta in colore oro a tiratura limitata. La bellissima copertina è del pittore
d’avanguardia Joseph Piccillo.
Di Alfredo Cristallo