ANNA DIVAN – MILLE LUBKI E UNA VITA

Anna Divan è una giovane donna, un’artista che ha già vissuto molte vite nel medesimo corpo. Nata nell’ex Unione Sovietica, ha una formazione matematica che l’ha portata ad una prestigiosa specializzazione negli USA. Proprio negli States scopre un innato talento per la pittura che la spingerà a conseguire dapprima la laurea e poi un Master alla Brown University nel Rhode Island. Di ritorno in patria comincerà un nuovo percorso e si laureerà in pittura e restauro alla prestigiosa Schtiglitz State Academy of Art and Design di San Pietroburgo. I suoi campi di ricerca non si limitano ad una riproduzione tecnica fine a se stessa, ma comprendono una dimensione spirituale e metafisica che l’artista metterà a fuoco con un’altra specializzazione alla St. Petersburg Theological Academy (“School of Icon”). Dopo un’ulteriore esperienza formativa e un periodo di perfezionamento a Cipro, la pittrice russa si è trasferita in Italia, a Carrara, dove ha frequentato l’Accademia di Belle Arti e da dodici anni ha, almeno apparentemente, messo radici.

Eravamo presenti al vernissage di inaugurazione della mostra “Fantasia” promossa dall’associazione culturale Artemisia a Carrara. La poetica di Anna Divan è un coacervo multidisciplinare di rimandi a innumerevoli stili ed epoche artistiche, Ogni esperienza pittorica, filtrata nella quotidianità e tradotta su tela, esplora significanti a volte apparentemente in contrasto tra loro. La sua tecnica ha una prospettiva architettonica come se, dall’Art Brut, avesse fagocitato dapprima il Brutalismo sovietico della madrepatria e in seguito la sua propaggine a stelle e strisce, il NY Brutalism.

Una parte delle pitture esposte si concentra sulla rievocazione dei lubki che sono un genere di pittura popolare molto diffuso in Russia già a partire dal XVII secolo. Il lubko si basa su immagini colorate e stampate con breve didascalia ed erano appannaggio delle persone più umili. Avevano la funzione di diffondere fiabe, proverbi, filastrocche, ma non lesinavano neppure la satira. In mostra sono presenti anche opere di grande formato con tonalità più cupe che spingono al parossismo quello che è apparentemente un contrasto – ma piuttosto una complementarità – tra il binomio vuoto/materia e la ricerca antroposofica dell’artista.

WALTER TASSAU

Catering & sorrisi: Marc André Gatz

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *