“Avete spento i cellulari?”
E’ il primo sopratitolo che compare, spiazzando, all’inizio dello spettacolo.
Come spiazzante è stato entrare in sala pensando di aver capito male: luci accese in teatro e sul palco, un lungo tavolo, bicchieri e bottiglie piene d’acqua. Un convegno!
C’è voluto almeno un quarto d’ora per capire che la recita era già iniziata.
Oskaras Korsunovas ha voluto imporre sin da subito il suo stile: gli attori quasi dentro la platea, o viceversa. Un copione non-copione in cui i personaggi hanno spesso interagito col pubblico improvvisando, talora anche in italiano. In realtà non c’è stato un inizio, né un applauso di chiamata. Semplicemente lo spettatore era lì con i personaggi. O viceversa.
Un attore alcolizzato, un ex pellicciaio senza una mano, una prostituta, un assassino, il Principe, il Barone… una manciata di relitti umani ad interrogarsi sui massimi perché della vita: perché vivono gli uomini? Ci sarà un motivo perché sono nato? Perché sperano in un futuro migliore? Forse il loro scopo è la felicità degli altri? Così in un susseguirsi di domande e risposte rivolte al pubblico, pensieri quando sussurrati quando urlati in accessi d’ira che accelerano di colpo la frequenza cardiaca dello spettatore, accompagnati da una miriade di fortissimi suoni dissonanti.
E ancora spiazza, il regista, per l’allestimento minimalista, l’apparente assenza di costumi di scena, una piramide di cassette dell’acqua… e di nuovo perché quella che sembrava acqua di rubinetto è in realtà vodka che inaspettatamente viene offerta al pubblico.
Dunque, la profondità dei quesiti viene amplificata da poche luci ma fredde, sapientemente collocate, da movimenti lenti ma essenziali, da una staticità della scena in contrasto con il bruciore dei dilemmi esistenziali evocati.
L’attore ha dimenticato la sua poesia. Per via dell’alcol. Il suo dramma è dimenticarsi ciò che si ama. Per questo si impicca. E riappare, in cima alla piramide di cassette per recitare il monologo dell’ Hamlet. E ci si chiede: ha dimenticato la poesia o la Poesia?
Il pubblico è rimasto immerso con i personaggi nelle domande della vita per circa un’ora e un quarto, dopo aver con loro pensato, riso, bevuto un sorso di vodka. Dopo ben cinque chiamate, abbiamo dovuto a forza congedare gli attori che, generosamente, hanno condiviso con noi la loro immensa bravura… e siamo usciti, soddisfatti, pensando: “Che bello sentirsi un uomo”
I BASSIFONDI
REGISTA Oskaras Korsunovas
SCENOGRAFO Dainius Liskevicius
COSTUMISTA Agne Kuzmickaite
COMPOSITORE Antanas Jasenka
DIRETTORE TECNICO ñ Mindaugas Repsys
TECNICO DEL SUONO ñ Alius Bareckas
MATERIALI DI SCENA E COSTUMI ñ Edita Martinaviciute
SOTTOTITOLI ñ Akvile Melkunaite
TOUR MANAGER ñ Audra Zukaityte
CAST:
SATINE – Dainius Gavenonis
NASTYA – Rasa Samuolyte
ACTOR – Darius Gumauskas
BUBNOV – Julius Zalakevicius
BARON – Darius Meskauskas
KLESHTCH – Jonas Verseckas
TARTAR – Tomas Zaibus
ALYOSHKA – Giedrius Savickas
KVASHNYA – Nele Savicenko
MIEDVIEDIEFF – Rytis Saladzius
Atto unico
Durata 75 min.
Premiere 22 ottobre, 2010
Premiato come miglior spettacolo del 2010
Tour manager Audra Zukaityte
Che bello sentirsi un uomo
Recensione: Marco Vincenti
Foto: Chiara Moraglio